1a domenica di Avvento: 28 novembre
& Il testo biblico Lc 21,25-28.34-36
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».
Breve contestualizzazione e spiegazione
– Il nostro brano si contestualizza nella predicazione di Gesù a Gerusalemme e precisamente nel tempio (cf. Lc 20,1-21,38; cf. Mc 11,27-13,37). L’insieme di Lc 20-21 si suddivide in due sequenze: Lc 20,1-44 (le dispute teologiche); Lc 21,5-36 (la grande apocalisse). Fermiamo l’attenzione sul testo che concerne il segno apocalittico delle catastrofi cosmiche (vv. 25-28) e l’invito alla vigilanza (vv. 34-36).
– Dopo aver presentato a profezia sulla presa di Gerusalemme (Lc 21,20-22) e il simbolo delle calamità sul popolo (vv. 23-24), il brano si sofferma sul carattere «cosmico» della fine. E’ un tema ricorrente nel presentare il motivo del giudizio secondo l’apocalittica giudaica (cf. Is 13,10; Sal 46,2-3). Com’è noto il linguaggio apocalittico esprime una serie di immagini che non vanno interpretate nel senso realistico, ma simbolico. La chiave di lettura del simbolismo apocalittico è abbastanza conosciuta nelle comunità del tempo. Coloro che ricevono questo messaggio non devono vivere nel terrore della fine tragica, ma nell’accoglienza del passaggio a una condizione di vita nuova e finalmente realizzata in Dio. Pertanto la sottolineatura che si evidenzia in questa pagina ha un valore pedagogico: spingere il credente a vivere nella vigilanza e nell’accoglienza del messaggio evangelico della salvezza.
– Il cuore della riflessione è centrato sul «vedere il Figlio dell’uomo». Si tratta di un titolo applicato a Gesù che viene assunto dalle visioni apocalittiche del profeta Daniele (Dn 7,14). Il messaggio che sta alla base della riflessione è legato alla salvezza. Essere salvati dal Cielo significa accogliere l’arrivo di Dio che in Cristo Gesù porta a tutti la speranza e la pace.
Non è un potente di turno che viene e pretende di salvare l’umanità, ma il «figlio dell’uomo» che attraversa i Cieli con grande potenza e gloria».
– Il testo insiste sulla preparazione all’incontro con Dio. Vivere concretamente la fede significa camminare con un cuore sempre pronto all’incontro. Imparare a saper aspettare il Suo arrivo senza temere la morte. La narrazione evangeliche evoca la straordinaria scena di Ez 10 (Dio abbandona il tempio di Gerusalemme che viene distrutto dai nemici), Ez 11 (Dio si ferma sul monte che è a oriente della città e d Ez 43 (il ritorno dopo l’esilio).
– Nella seconda parte del testo i credenti sono invitati al discernimento e alla vigilanza. Chi desidera incontrare Dio deve essere capace di interpretare i segni straordinari che vengono presentati come «elementi cosmici» sconvolti. L’ordine del mondo voluto mediante l’atto creativo di Dio ora è trasformato in un nuovo ordine che prepara l’azione finale di Cristo e il suo giudizio nella storia.
– Risollevatevi, levate il capo…E’ l’invito a un nuovo esodo, un cammino di liberazione che nasce dal cuore e si apre alla speranza. La dinamica della liberazione, tema caro al terzo evangelista, ripropone l’idea di vivere il cammino aprendosi alla speranza di un «mondo nuovo». Nessuno può sfuggire all’incontro finale con il Dio che viene, espresso mediante l’immagine del «giorno del Signore» (dies Domini) che sarà il «giorno del giudizio divino» (dies irae: cf. Sof 3,9-17).
– L’immagine della «trappola» ricorda il testo di Is 24,17. Essere vigilanti significa mantenersi pronti vivendo con sobrietà e serenità (cf. 1Ts 5,2-8). Senza farsi condizionare dal tempo presente, il credente è chiamato a vivere la responsabilità del Vangelo, nella speranza e nella pace.
– Il brano converge sull’ultimo invito: vigilate. E’ la caratteristica che deve accompagnare il cammino della Chiesa nella storia. Gesù sta pronunciando questo discorso di fronte al tempio di Gerusalemme, luogo di preghiera e di sacrifici. La sottolineatura lucana è rappresentata da una «preghiera vigile»: attraverso la preghiera si troverà la forza per attendere la venuta di Dio e per accogliere il suo giudizio di misericordia.
– L’immagine dell’incontro è descritta come un «apparire al cospetto» del Figlio dell’uomo. Di fronte al suo volto, potremo vedere la nostra storia e lasciarci illuminare dal suo Amore. Come la sentinella attende l’alba vegliando alle porte della città, così il credente attende la luce di Dio, vegliando sul proprio cuore.
Spunti per la meditazione
– La presentazione del discorso escatologico proposta nel Vangelo secondo Luca ci aiuta a riflettere sul tema della speranza cristiana. Nel contesto narrativo di Lc 21 Gesù intende preparare i suoi discepoli all’interpretazione dei segni finali della storia (Lc 21,5). Oltre al monte degli Ulivi (Lc 19,29) c’è la figura del tempio (Lc 19,46): sono i due luoghi nei quali si contestualizza l’annuncio della fine.
– La pericope di Lc 21 ci fa cogliere la dinamica dell’attesa del giudizio finale. Siamo chiamati a riflettere sugli avvenimenti della storia ed imparare a vedere in essi l’azione di Dio. Le immagini apocalittiche evocano nel nostro cuore l’idea che l’ordine dell’universo fa parte del progetto misterioso del Padre che «prepara» per noi un’altra dimora «non costruita da mani d’uomo»: il nostro destino è il Cielo.
– La liberazione nasce dall’atto di fede che scegliamo di fare nel nostro cuore. Aprirsi all’incontro con Dio significa accogliere il compimento della sua volontà in noi. Il credente è colui che sa superare le paure e sceglie di fondare la propria esistenza nella fede. L’immagine del Figlio dell’Uomo che viene sulle nubi del Cielo ci fa «guardare in alto»: dal Cielo verrà la salvezza.
– La liberazione è il nuovo esodo che si compie imparando a «guardare in alto». Possiamo cogliere la contraddizione tra ciò che è «in alto» e le dissipazioni umane che spingono «in basso». Il Vangelo ci mette in guardia da «dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita»: chi si apre all’azione di Dio non può essere schiavo nel cuore.
– La vigilanza si qualifica mediante la potenza della preghiera. E’ una costante tipica del terzo Vangelo: la preghiera costituisce l’attività più intenza vissuta da Gesù e richiesta ai discepoli. Il discorso escatologico culmina con il binomio vegliare-pregare, allo stesso modo come la grande preghiera di Gesù nel Getsemani e l’invito rivolto ai discepoli: vegliate e pregate.
Alcune domande per la riflessione
– Saper discernere il tempo: quali sono i segni di speranza che oggi riesci a leggere nella tua comunità?
– Cosa significa per te essere vigilante e sobrio? La paura della morte: sai leggere con fede gli avvenimenti di sofferenza e i distacchi? Il Vangelo ci ricorda che tutto comincia da Dio e tutto a Lui arriva: sei consapevole di questa verità? Quale impegno di carità puoi assumere nella tua famiglia? Nel tuo lavoro?
Dal sito: qumran2.net