2 febbraio, Presentazione di Gesù al Tempio: elogio della fede e dell’età avanzata

Festa a metà tra inverno e primavera. Così dice il proverbio popolare. È la vita che riprende, si guarda ai campi con attenzione e fiducia, Dio non si dimentica di noi e ci sostiene con i suoi doni.

Liturgicamente celebriamo invece la “presentazione di Gesù al tempio”.

Al versetto 22 del secondo capitolo di Luca leggiamo:

Quando si compirono i giorni della loro purificazione, secondo la Legge di Mosè, lo condussero a Gerusalemme per presentarlo al Signore. Maria e Giuseppe sono fedeli alla legge e alle prescrizioni. La prima prescrizione riguarda la madre, l’altra il figlio. La purificazione della madre richiede che si astenga per 40 giorni dalle pratiche rituali perché il parto comportava perdita di sangue e il sangue, in quanto elemento vitale, era considerato sacro perché legato al mondo della vita. Era necessario offrire un duplice sacrificio: un agnello e una tortora o colombo. Per i poveri sono sufficienti due colombi o due tortore. Maria e Giuseppe sono gente semplice, povera ma molto credenti.

La seconda prescrizione riguarda il riscatto del figlio primogenito perché apparteneva a Dio, ricordando la notte dell’esodo dall’Egitto. Bastavano cinque sicli.

Non era necessario andare al Tempio, ma Maria e Giuseppe ci vanno non essendo distante Betlemme da Gerusalemme, e allora l’attenzione si sposta su Gesù che viene presentato al tempio, cioè offerto al Signore. In questo gesto c’è tutto il significato della vita di Gesù e della sua venuta.

Il profeta Malachìa scrive: il mio messaggero entrerà nel tempio del Signore e purificherà i figli di Levi perché possano offrire al Signore un’offerta secondo giustizia. Notiamo infatti che colui che viene presentato al tempio, una volta adulto, purificherà il tempio e soprattutto farà di se stesso il sacrificio e anche il sommo sacerdote della nuova alleanza.

La presentazione di Gesù al tempio non è un mistero gaudioso, ma doloroso, il culmine sarà sulla croce. Tenendo in braccio questo bambino Simeone dopo averlo definito luce delle genti e gloria d’Israele si rivolge alla madre e dice: anche a te una spada trafiggerà l’anima. Se i primogeniti in Egitto furono risparmiati, Gesù, il primogenito per eccellenza, non sarà risparmiato, ma col suo sacrificio porterà la definitiva liberazione interiore dal peccato.

Il gesto di Maria che “offre” si traduce in gesto liturgico per noi nel sacramento del Battesimo come offerta di se stessi a Dio e per il servizio degli uomini. E anche in ogni Eucarestia quando il pane e il vino ci vengono ridonati come corpo e sangue di Cristo, noi siamo tempio del Signore e viviamo nell’attesa della sua “venuta”.

Una riflessione possiamo ancora fare a partire dalle persone di Simeone e Anna che incontrano e accolgono Gesù al tempio.

Non siamo sicuri completamente che Simeone fosse una persona anziana, il vangelo di per sé non lo dice, ma la profetessa Anna sì. Era molto avanzata in età, leggiamo, era rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. In quell’epoca era davvero eccezionale.

Si impone dunque una riflessione sull’età avanzata, soprattutto nel nostro tempo caratterizzato appunto dalla longevità della vita grazie anche alle condizioni sociali e al progresso della medicina. Purtroppo però non sempre è sinonimo di valore e nella pratica può diventare addirittura emarginazione, la vita dei nostri anziani. Dipende dalla nostra attenzione e sensibilità, se sappiamo creare quella cultura adatta, capace di cogliere le mille sfumature e risorse di una lunga esperienza di vita .

Scriveva un giornalista qualche tempo fa, in modo critico, che oggi viviamo sotto la dittatura del presente. È il prevalere schiacciante del presente sulla storia e sul futuro, sulla tradizione consolidata e su ogni possibile alternativa. In senso culturale, diceva, dittatura del presente è una definizione pertinente perché l’unico modo per affermarsi o restare nel giro è cavalcare gli umori del momento, adeguarsi al Canone Vigente, senza mai sporgersi a progettare il futuro e senza mai evocare la fedeltà al già stato. È desolante il conformismo che ne deriva e che appiattisce tutto, religione, politica, pensiero. Non avrai altro dio fuori dell’Oggi.

Papa Francesco, e con lui tutta la tradizione cristiana , la pensa diversamente. Ascoltiamolo in Piazza San Pietro rivolto agli anziani il 28 Settembre scorso, in occasione della giornata degli anziani e festa dei nonni.

“È molto bello che siate venuti qui oggi: è un dono per la Chiesa. E noi vi offriamo la nostra vicinanza, la nostra preghiera e l’aiuto concreto. La violenza sugli anziani è disumana, come quella sui bambini. Ma Dio non vi abbandona, è con voi! Con il suo aiuto voi siete e continuerete ad essere memoria per il vostro popolo; e anche per noi, per la grande famiglia della Chiesa. Grazie!

La vecchiaia, in modo particolare, è un tempo di grazia, nel quale il Signore ci rinnova la sua chiamata: ci chiama a custodire e trasmettere la fede, ci chiama a pregare, specialmente a intercedere; ci chiama ad essere vicino a chi ha bisogno… Gli anziani, i nonni hanno una capacità di capire le situazioni più difficili: una grande capacità! E quando pregano per queste situazioni, la loro preghiera è forte, è potente! Beate quelle famiglie cha hanno i nonni vicini! Il nonno è padre due volte e la nonna è madre due volte.

Ma non sempre l’anziano, il nonno, la nonna, ha una famiglia che può accoglierlo. E allora ben vengano le case per gli anziani… Però non ci devono essere istituti dove gli anziani vivono dimenticati, come nascosti, trascurati. Mi sento vicino ai tanti anziani che vivono in questi Istituti, e penso con gratitudine a quanti li vanno a visitare e si prendono cura di loro. Le case per anziani dovrebbero essere dei “polmoni” di umanità in un paese, in un quartiere, in una parrocchia; dovrebbero essere dei “santuari” di umanità dove chi è vecchio e debole viene curato e custodito come un fratello o una sorella maggiore.

Un popolo che non custodisce i nonni e non li tratta bene è un popolo che non ha futuro! Perché non ha futuro? Perché perde la memoria, e si strappa dalle proprie radici.

Una delle cose più belle della vita di famiglia, della nostra vita umana di famiglia, è accarezzare un bambino e lasciarsi accarezzare da un nonno e da una nonna. Grazie!”.

d.g.m.