5 ottobre 1962: tornava al Padre Don Carlo Pensa

Il 5 ottobre 1962 tornava al Padre Don Carlo Pensa. Nato a Scaldasole (PV) il 14/7/1886, restò “fulminato” da una omelia tenuta da Don Orione nella sua parrocchia, tanto da chiedere ed ottenere d’entrare a far parte dell’Opera appena approvata dal Vescovo diocesano, Monsignor Bandi. Era il 1903. L’impulso primario era quello di diventare Eremita della Divina Provvidenza, cosa che avvenne nel 1904, col nome di Fra Pio. Umiltà, preghiera, lavoro era quanto desiderava per sé. Ma il giovane fondatore aveva letto la sua anima e compreso d’averne estremo bisogno in altro ruolo. Pertanto lo indirizzò al sacerdozio, strada su cui si incamminò con puntuale ubbidienza. Ricordo d’averlo conosciuto a Villa San Biagio (Fano – PU) intorno al 1959. Circolava la leggenda avesse ottenuto, in cambio della disponibilità dimostrata, di poter mantenere la barba. Noi, ragazzetti di seconda-terza media, stavamo incantati a guardare quel Direttore Generale dal bel barbone bianco. Ci parlò, tra i fiori del giardino protetti dai pini marittimi piazzati intenzionalmente a difesa della bora, ma desumo nessuno badasse alle parole. Ci beavamo di lui, o almeno così è stato per me. Tuttavia rammento con precisione la dolcezza del suo dire.

Fu direttore degli istituti veneti, vicario generale e, dal 1946 al 1962, 3° Superiore Generale. È considerato uno dei Padri della Congregazione. Papa Giovanni XXIII aveva una grande stima di lui, tanto da invitarlo a partecipare ai lavori del Concilio Vaticano II. Non potendo presenziare a causa d’un incidente stradale, poi risultato fatale, offrì la propria vita per il Papa e per il Concilio, ultimo dono alla Chiesa e a Dio. Ai confratelli lasciò se stesso, la prosecuzione filiale e precisa dell’esempio trasmessogli dal “direttore” e da Don Carlo Sterpi. Quando i primi sacerdoti anziani dell’Opera (anni ’70) cominciarono ad essere ospitati a Paverano, era rarissimo trovare la chiesa interna vuota. Non era sempre l’invadenza massiccia di suore ed ospiti, ma una raccolta presenza orante. Il loro contributo alla causa comune, l’incontro privilegiato con Cristo, la conferma che quanto predicato è vissuto. Testimonianza che ha superato i limiti dell’istituto per spandersi attorno, quasi novelli monasteri della sofferenza e della compassione.