Il robot che può aiutare i bambini autistici

Un gruppo di piccoli pazienti, un team di medici e di ricercatori, due centri di eccellenza.
Al Piccolo Cottolengo Genovese la tecnologia diventa terapia sperimentale nel trattamento dell’autismo.

Si chiama iCub, è un robot umanoide dotato di intelligenza artificiale realizzato dall’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), e per la prima volta al mondo è entrato a far parte di una sperimentazione nell’ambito dei disturbi dello spettro autistico in un contesto clinico e riabilitativo.

Nei prossimi mesi, infatti, un’équipe del Centro Boggiano Pico, polo specializzato nel trattamento dei disturbi del neurosviluppo del Piccolo Cottolengo Genovese di Don Orione, lavorerà insieme al team Social Cognition in Human-robot Interaction di IIT, guidato dalla ricercatrice Agnieszka Wykowska, per testare l’efficacia dell’utilizzo del robot nel trattamento di bambini affetti da autismo.

Il disturbo dello spettro autistico è un insieme eterogeneo di disturbi del neurosviluppo caratterizzato da deficit persistente nella comunicazione e nell’interazione sociale, che esordisce nel corso dell’età evolutiva e con significative ricadute sulla qualità della vita dei soggetti colpiti e di quelli direttamente coinvolti. Chi ne è affetto manifesta sintomi clinici estremamente differenziati sia per complessità che per severità: comportamenti di tipo ripetitivo e schematico, difficoltà ad esternare i propri sentimenti e a decifrare quelli altrui, ipersensibilità agli stimoli ambientali, acustici, tattili e gustativi, interessi e attività ristretti, deficit dell’immaginazione.

In genere, le persone con autismo hanno difficoltà a cogliere la prospettiva spaziale di chi si trova di fronte a loro, e proprio questo tipo di abilità è alla base di numerose competenze sociali. La sperimentazione in corso al Piccolo Cottolengo Genovese prevede l’interazione tra il robot e un gruppo di bambini già inseriti nel percorso terapeutico del Centro Boggiano Pico, e ha lo scopo di sviluppare le loro capacità di comprendere il punto di vista altrui.

Il programma di trattamento rappresenta il primo passo di un percorso riabilitativo di complessità crescente che potrebbe fornire ai giovani pazienti un aiuto per acquisire gli elementi di base per l’interazione sociale, migliorando sensibilmente la qualità della loro vita.

La dott.ssa Tiziana Priolo e la dott.ssa Federica Floris, neuropsichiatra infantile la prima e psicologa la seconda presso il Centro Boggiano Pico, coordinano la sperimentazione per l’Opera Don Orione. “L’idea di impiegare un robot nell’approccio terapeutico all’autismo nasce dalla volontà di mettere la tecnologia più avanzata al servizio della società direttamente in un ambiente di cura. L’obiettivo è quello di verificare l’efficacia di nuovi protocolli di trattamento, integrando i modelli di riabilitazione raccomandati attualmente per il disturbo dello spettro autistico con interventi più specifici per le abilità sociali.  – spiega la dott.ssa Priolo. “A lungo termine, la prospettiva è quella di ottenere nuovi strumenti che supportino l’équipe nella presa in carico dei bambini e degli adolescenti. La domanda alla quale vogliamo dare una risposta è: possono il robot e l’intelligenza artificiale diventare strumenti supplementari attraverso i quali acquisire nuove capacità?”.

Al Centro Boggiano Pico vengono seguiti circa 200 bambini e adolescenti con disturbo del neurosviluppo che necessitano di interventi riabilitativi a livello logopedico, neuropsicomotorio, neuropsicologico, psicoeducativo e fisioterapico. Di questi, circa 80 presentano un disturbo dello spettro autistico. La sperimentazione prevede il coinvolgimento di bambini nella fascia della prima infanzia già in trattamento, e si integra con i metodi e le strategie riabilitative in corso secondo le linee guida nazionali. Si tratta di bambini nei quali il disturbo si può manifestare insieme ad altri tipi di problematiche del neurosviluppo, rendendo il quadro clinico di maggiore complessità e con necessità quindi di un approccio più intensivo dal punto di vista terapeutico.

“In concreto, io sono perfettamente in grado di descrivere la posizione degli oggetti rispetto a me stessa e, di conseguenza, rispetto ad un altro soggetto. Per chi presenta un disturbo dello spettro autistico questa competenza potrebbe non essere così immediata – racconta la dott.ssa Floris. “Acquisire la capacità di elaborare informazioni spaziali relative ad un punto di vista differente dal proprio, potrebbe aiutare a sviluppare competenze riconducibili all’ambito dell’empatia, come la conoscenza delle proprie emozioni, il loro controllo, il riconoscimento delle emozioni altrui e la gestione delle relazioni” – prosegue la psicologa.

Durante la seduta iCub, che affianca il terapeuta e interagisce in base alle competenze specifiche di ogni bambino, manipola un cubo in gommapiuma e osserva una delle sue facce. Successivamente, attraverso un vassoio, lo scambia con il bambino. Il piccolo paziente viene quindi invitato ad individuare il colore o l’immagine sulla faccia del cubo osservata dal robot, allenando così la competenza a immedesimarsi nel punto di vista spaziale dell’altro.

“Semplificando, è come una palestra dove potersi allenare – spiega ancora la dott.ssa Floris –. Gli allenamenti servono agli atleti per imparare e ripetere un gesto tecnico in un ambiente protetto, arrivando così a sviluppare e perfezionare determinate abilità. Un atleta ben allenato ha potenzialmente acquisito le competenze per affrontare la performance e gli stimoli ambientali ed emotivi a cui è sottoposto in un contesto non controllato. Il terapista è il coach, il robot è l’attrezzo con il quale allenare competenze specifiche. Nel nostro caso, si tratta di competenze sociali che possono essere allargate a contesti più ecologici, come l’asilo, la scuola, il parco giochi e la famiglia”.

L’interazione con iCub, già di per sé un’esperienza stimolante e rinforzante per i bambini, si integra con altri interventi sulla motricità, le competenze socio-relazionali e quelle comunicative nell’ambito di un percorso terapeutico e riabilitativo individualizzato. Ogni bambino effettuerà il training per circa due mesi, successivamente verranno analizzati i risultati ottenuti – l’impatto sulla vita dei bambini e delle loro famiglie.

“Il ruolo del robot è fondamentale in questo tipo di trattamento,” – chiarisce Davide Ghiglino, ricercatore del team di IIT – “interagire con un essere umano in questo caso fornirebbe una quantità di stimoli troppo elevata e difficile da interpretare per individui con condizioni dello spettro autistico”. “Un robot ripete la stessa azione, nello stesso identico modo, un numero infinito di volte, cosa che risulterebbe impossibile per un essere umano. D’altra parte, le competenze del terapeuta sono insostituibili” – racconta Agnieszka Wykowska. “Questa attività – conclude la responsabile del team Social Cognition in Human-robot Interaction di IIT – sottolinea l’importanza della multidisciplinarietà e dell’utilizzo di nuove tecnologie come la robotica in campo clinico”.

Per favorire l’interazione tra i bambini e il robot, l’équipe del Centro Boggiano Pico ha lanciato un concorso tra i piccoli pazienti per battezzare l’esemplare di iCub utilizzato nel training, per ora soprannominato “Dottor Robot”. Nel corso del training verrà decretato il vincitore. Al momento i nomi in gara sono Luigi (n.d.r. Don Luigi Orione), Isaac, Marvin e Albert.

La fase iniziale della sperimentazione si rivolge a circa 50 bambini e si concluderà a giugno del 2021. L’obiettivo, nei prossimi anni, è sviluppare ulteriori e diversi percorsi che possano aiutare bambini con spettro autistico a implementare e accrescere specifiche competenze.

Il disturbo dello spettro autistico colpisce circa l’1% della popolazione mondiale. In Italia, sono almeno 600 mila le persone interessate dall’autismo e altrettante sono le famiglie coinvolte. Dei 435 mila nuovi nati nel 2020, più di 4000 individui potrebbero essere diagnosticati con spettro autistico nel corso della loro età evolutiva.

Irene De Vitti

Dal 2009 ad oggi il Centro Boggiano Pico ha avuto in carico circa 1200 bambini e adolescenti seguiti da un’equipe multidisciplinare e con progetti riabilitativi individualizzati. Parallelamente, svolge ricerca scientifica e promozione di progetti finalizzati all’inclusione lavorativa e sociale verso la vita indipendente. In quest’ottica, il Centro Boggiano Pico ha promosso un accordo con l’Associazione Nazionale Genitori Persone Con Autismo (ANGSA) per sviluppare in collaborazione con le famiglie politiche di inclusione sociale e di sviluppo verso la vita autonoma.