Catechismo di strada

Incontriamo Elena della Parrocchia di Sant’Antonio a Genova Boccadasse; si occupa del Catechismo nella Parrocchia. Qualche tempo fa, è entrata in contatto con la Casa di Castagna del Piccolo Cottolengo Genovese, casa situata a Genova Quarto che accoglie e cura persone anziane autosufficienti e non; presso cui i ragazzi del catechismo hanno messo in scena uno spettacolo teatrale di marionette per regalare ai nonni qualche momento di simpatia e leggerezza.

Buongiorno Elena. Prima di tutto, ci racconti da dove è partita l’idea per la Vostra iniziativa?
La “folgorazione” è venuta commentando insieme ai ragazzi la “Parabola dei talenti” (Mt 25, 14-30): Dio dona a ciascuno di noi delle qualità. Le nostre capacità non vanno tenute nascoste, ma devono essere messe a servizio di tutti, senza inorgoglirci.

Parleremo ancora dello spettacolo. Prima, ci piacerebbe ci raccontassi in breve che cosa significa oggi fare catechismo in una parrocchia.
Sono cresciuta a “pane e Don Bosco”. Da bambina, mia nonna mi raccontava la storia di questo sacerdote che ha dedicato l’intera esistenza all’educazione cristiana dei ragazzi. Ai suoi tempi, la lotta era contro la povertà materiale e contro l’abbruttimento della persona, causato dalle cattive condizioni di lavoro nelle grandi città.

Oggi, il “nemico” è molto più subdolo: i ragazzi che seguiamo sono apparentemente più fortunati, perché dal punto di vista materiale hanno tutto. Il rischio è, però, che questa “voracità di consumo” conduca all’indifferenza totale verso il Creato e, soprattutto, verso gli altri.

Siamo arrivati al punto che non sappiamo più stupirci di fronte ad un bel tramonto e andiamo alla ricerca di esperienze estreme, ma la vera “trasgressione”, credimi, consiste nell’apprezzare le piccole cose.

Quale è il tuo sentimento personale in questo difficile compito?
Di costante inadeguatezza. Sono “catechista per caso”: in piena pandemia, mi è capitato di arrivare in largo anticipo alla messa della domenica. La chiesa era ancora vuota e io sedevo lì tra le panche, in attesa dell’inizio della funzione. Fu allora che il parroco mi propose questa avventura …
Ma perché proprio io, reduce da mille cadute? Eppure, si è fidato! Questo mi ha molto incoraggiata. Non ho chi sa quali conoscenze di teologia, lo ammetto. La regola che cerco di seguire è di non insegnare mai ai ragazzi ciò che io non mi sforzi di vivere in prima persona. La cosa peggiore che un adulto possa fare è mentire ad un ragazzo. Loro intuiscono quando non sei sincero. 

In questo scenario, ti domandiamo, secondo il tuo punto di vista quali sono le maggiori difficoltà che si incontrano.
Le “sirene” del mondo esterno effondono suoni molto seducenti … Ad una lettura superficiale, il messaggio evangelico sembra un “inno alle rinunce” e la realtà esterna è così attraente…

Quale relazione c’è tra il catechismo dei ragazzi oggi e le aspettative delle famiglie?
Viviamo in un’epoca in cui si delega tutto, anche l’educazione dei ragazzi. Di regola, si pensa che sia la scuola a dover trasmettere la conoscenza e la chiesa determinati valori, ma… i ragazzi ci guardano e osservano in primis chi è più vicino a loro. La famiglia non dovrebbe rinunciare mai al suo ruolo di educatrice alla vita e alla fede.

Quale è il significato più profondo, invece, per i ragazzi?
Ai ragazzi cerchiamo di consegnare una “cassetta degli attrezzi” da portare con sé durante il viaggio della vita.
Come diceva il grande autore latino Lucio Anneo Seneca: “Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”. In poche parole, il marinaio che non conosce la sua meta è destinato a naufragare.
La nostra bussola è il Vangelo, ma un Vangelo vissuto e non semplicemente “narrato”.

Raccontaci un poco della Parrocchia di Boccadasse. Quale ruolo occupa nella parrocchia il catechismo e la Pastorale giovanile in genere?
Nonostante le difficoltà che la accomunano a tutte le parrocchie e che tutti noi conosciamo, c’è una forte attenzione ai giovani e in particolare a renderli consapevoli della loro vocazione nella vita.
Quando si parla di “vocazione” si pensa subito alla vita consacrata. In realtà, la vocazione non consiste solo in quello e qui torniamo al discorso dei “talenti”. Ognuno di noi può aspirare ad essere un bravo sacerdote, un bravo medico, un bravo maestro, un bravo avvocato, un bravo marito, una brava moglie e così via.
Ma che differenza c’è tra fare tutte queste cose con la “bussola” del Vangelo nel cuore e farle senza? La risposta è: lo spirito di servizio, lo slancio verso gli altri e verso il bene comune. In questo, Don Orione docet.

Torniamo invece allo spettacolo. Quale evento è stato esattamente.
Il “Teatrino dei Talenti” è nato con lo scopo di portare i piccoli e grandi talenti che si nascondono tra le mura della parrocchia all’esterno e di metterli al servizio del prossimo.
Quante recite si organizzano solo per la gioia di mamma e papà! Ma portando il tutto davanti a chi ha bisogno di sorridere, il teatro si trasforma da occasione di svago in vera e propria medicina dello spirito. Per questo, ne approfitto per ringraziare la Casa di Castagna della bellissima opportunità che ci ha offerto e della fiducia.
Da parte nostra, non abbiamo voluto dare ai ragazzi un “pacchetto chiavi in mano”. Siamo partiti da zero. Abbiamo fatto costruire loro il teatrino, glielo abbiamo fatto verniciare, hanno cucito i tendoni e le marionette, scritto i copioni, imparando la costanza e l’impegno necessari per portare avanti un progetto (anche a costo di rinunciare a qualche ora di sport …).

Come ti sembra che i ragazzi e le loro famiglie abbiano compreso il significato di questo evento?
Il nostro è un “catechismo di strada”. Il Vangelo ha contenuti profondi ma, per dirla con Manzoni, “così fatto è questo guazzabuglio del cuore umano”, che se le esperienze non vengono vissute i soli messaggi passano.
La cosa bella è che, in vista dell’obbiettivo di far sorridere i “nonnini”, anche i ragazzi più timidi sono “usciti dal loro guscio” e le famiglie, vedendo questo cambiamento, ci stanno dando fiducia.

I ragazzi o le loro famiglie conoscevano Don Orione prima dello spettacolo? I ragazzi cosa hanno colto, secondo te, di una casa di riposo?
La maggior parte non conosceva la vostra realtà. Altra barriera che stiamo cercando di abbattere: viviamo in un mondo dove ciò che non è conforme a determinati canoni esteriori, viene nascosto.
Finché siamo “giovani e in salute” e tutto va bene, sembra quasi di vivere in una realtà parallela, fatta di luccichio e svago. Solo quando entriamo in contatto col dolore o semplicemente con le difficoltà, iniziamo ad accorgerci che, forse, stiamo guardando la vita attraverso uno specchio deformante …
Perché, dunque, non prendere atto prima di ciò che siamo e di dove viviamo e cercare di fare del nostro meglio per migliorare?

Ritieni, infine, che occasioni come quella della Castagna debbano o possano ripetersi? Ci dici che cosa ti piacerebbe ci fosse in più rispetto a questo spettacolo?
Tutti noi speriamo che sia l’inizio di un’amicizia duratura e che nei prossimi anni i ragazzi di oggi possano trasmettere le esperienze fatte anche ai più piccoli, che si stanno affacciando alle prime esperienze di vita.
Per ora… si dovranno accontentare di queste “vecchie catechiste”, un po’ cigolanti.
Vi diamo alcune anticipazioni: stiamo preparando un nuovo spettacolo, questa volta senza marionette, ma recitato e danzato personalmente dai ragazzi, in cui metteremo in scena i dialoghi tra vizi e virtù. Se il prossimo Natale ci ospitate, noi ci siamo!
E poi … con la bella stagione sarebbe bello organizzare qualcosa all’aperto. Pensiamoci!