Genova e Don Orione: Salita Angeli 69
La casa di Salita Angeli situata nel quartiere di San Teodoro a Genova, tra Via Venezia e Di Negro, fu il primo recapito di Don Orione e dei suoi religiosi in Genova, quando ancora l’Opera della Divina Provvidenza non aveva sedi proprie.
La Casa di Via del Palazzo era sita in una zona riservata e protetta sul Colle di Camaldoli sulle prime alture della città.
Entrambe appartenevano all’amico del nostro Fondatore, Tomaso Canepa, che fece strada a Don Orione nella città di Genova aprendo il cammino alle opere caritative.
La casa gode di un panorama stupendo: si potevano ammirare le strutture portuali e i gioielli della cantieristica genovese e si riusciva a sentire il fischio dei vaporetti che guidavano in entrata e in uscita dal porto i colossi del mare.
Concetta Canepa, la figlia di Tomaso Canepa, affermò che dal 1908 “già da molti anni Don Orione si intratteneva in questa casa”. Da allora la presenza degli orionini si fa sempre più consistente: religiosi di passaggio per Sanremo o per le Missioni verso il Sud America, chierici che frequentavano scuole genovesi, religiosi in licenza durante la prima guerra mondiale, giovani “tommasini” che avevano una qualche propensione vocazionale. La Casa accoglieva inoltre malati e bambini rimasti soli e in attesa di una sistemazione definitiva presso le altre case dell’opera.
Tomaso Canepa, amico di Don Orione, voleva ostinatamente mettere la propria casa “Villa Canepa”, situata appunto in Salita Angeli al civico 69, a disposizione della sua Opera, ma Don Orione volle aspettare il tempo giusto: quando la diocesi di Genova conobbe con il Card. Minoretti un momento di tranquillità operosa, anche Don Orione incominciò a muoversi con maggior scioltezza. Era il 19 marzo 1928 (pochi giorni dopo ci fu lo sfratto da San Girolamo) quando Canepa poté finalmente cedere definitivamente la sua casa.
Questa sua casa, disse Don Orione, voleva essere “una casa di orazione, di vita di sacrificio e di lavoro santificato” dove si è creato nel tempo un sistema educativo ed assistenziale che cresceva alla solidarietà, favoriva la serenità e donava a tutto il suo mosaico di abitanti (suore, chierici, giovani, orfani e anziani) il senso umano della convivenza.
Per accogliere più bisognosi possibili Canepa cedette subito anche le sue stanze e si ridusse a vivere con la sua famiglia in un piccolo spazio della casa. Mise nelle mani dell’amico, senza riserve, tutto il suo patrimonio. Poco tempo dopo, sia la figlia Concetta che il genero entrarono nell’orbita di carità del nostro Santo e si dedicarono anche loro completamente alla casa ed ai suoi abitanti. Il rapporto tra Don Orione e Canepa ci fa capire chi egli intendesse per amici e benefattori: persone che lo aiutassero “a diventare Santo, ad essere più buono, a far sì che Dio gli tenesse sempre la mano sulla testa”; non cercava benefattori per portare avanti le opere ma per offrire l’opportunità di fare del bene.
La casa continuò le sue opere di bene per anni, vedette avvicendarsi molte Suore Missionarie della Carità (Suor Maria Speranza, Suor Maria Isabella, Suor Maria Fede, tra le tante che si occupavano della cura della casa e dei suoi ospiti) e molti religiosi (ricordiamo Don Enrico Sciaccaluga, Don Sterpi e il Canonico Luigi Ranieri) fino alla guerra quando, a causa dei bombardamenti, Don Sterpi decise di trasferire tutti i bimbi e i ricoverati a Tortona: “bambini e materassi vennero allora portati a braccia a pianterreno, adagiati nella sacrestia che cominciò a funzionare come rifugio.” -troviamo scritto nei documenti rinvenuti nel nostro archivio- “ i vecchietti preferirono restare in alto, nei loro reparti”.
Appena dopo la guerra, nel 1945, la casa fu ristrutturata e dopo poco riaperta; da subito fu circondata da grande affetto: solo nell’anno 1960 sono state migliaia le lettere di stima e di ammirazione ricevute da tutta Italia per le attività che la casa continuava a svolgere.
Oggi la casa continua la sua opera caritativa ed è gestita dalla Cooperativa Dono (cooperativa sociale nata dall’Opera Don Orione). È un centro polivalente di accoglienza rivolto a donne rifugiate ed un asilo nido.