Genova e Don Orione: la Casa di Paverano
Continua il nostro cammino alla scoperta delle Case del Piccolo Cottolengo Genovese. Una storia tutta da raccontare quella della Casa di Paverano, storia affascinante e guidata costantemente dalla mano invisibile della Provvidenza. Ancora oggi, dopo 90 anni, la sua storia di bene continua giorno dopo giorno.
La Casa di Paverano
La storia del Paverano (edificio situato su una collina incolta che dominava la Val Bisagno dove si trovava una Chiesa dedicata a San Giovanni Battista posta da Papa Adriano sotto la protezione della Santa Sede) inizia verso il 1100: fu sede di numerosi ordini religiosi e dal 1118 divenne priorato dei canonici di Santa Croce in Mortara. Nei cinque secoli seguenti, ospitò i canonici di San Giovanni in Alga, fu casa noviziato dei Gesuiti e sede del Seminario e nuovamente noviziato dei religiosi delle Scuole Pie di San Giuseppe Calasanzio.
Nel diciassettesimo secolo accolse gli appestati, supplendo alle carenze degli altri ricoveri. Tra le sue mura vissero poi personaggi gloriosi, ma nulla poterono contro la furia rivoluzionaria che prese l’avvio in Francia alla fine del 1700: l’antica chiesa venne ridotta a macerie e l’edificio passò in mani private fino a divenire verso metà 1800 un ricovero di mendicità: la Gazzetta di Genova lo annuncia come “uno stabilimento dell’umanità languente … a pro degli infelici accattoni…”: fu in quegli anni che si usava dire “andà a Pavian” per significare cadere in miseria nera.
Il ricovero di mendicità passava nel 1911 in una nuova sede e l’amministrazione provinciale destinava il Paverano ad accogliere le “donne alienate e mentecatte”, provenienti dall’ospedale psichiatrico, diventando così un manicomio provinciale. Poco tempo dopo però lo stabile fu messo in vendita perché ritenuto non più adeguato.
A quell’epoca Don Orione pensava che le opere che aveva già fondato a Genova fossero limitate e frammentarie e immaginava che il Piccolo Cottolengo avrebbe avuto possibilità di maggior sviluppo nel contesto della carità cittadina se avesse acquistato una sede centrale di spicco per dimensioni e posizione. Nel maggio del 1929 il viceparroco di Santa Fede, la parrocchia di Corso Sardegna, scriveva a Don Orione, a nome del parroco mons. Fortunato Cordiglia: “Il 1º luglio il Paverano avrà altra destinazione. Il mio Prevosto e lo stesso Arcivescovo di Genova mons. Minoretti vedrebbero volentieri in quell’Istituto i Figli della Divina Provvidenza”. Don Orione non era insensibile alla proposta di rilevare il Paverano: pregava e faceva pregare. Così, un pomeriggio decise una visita alla Madonna della Guardia, sul Monte Figogna. Il rettore mons. Malfatti, suo grande amico, lo accolse con gioia e lo invitò a fermarsi poiché il mattino seguente anche lui doveva scendere in città. Don Orione rispose che doveva rientrare e si incamminò giù per la discesa. Il monsignore, il giorno dopo, fece la consueta visita alla cappella dell’Apparizione poco distante dal santuario e li trovò Don Orione che aveva passato la notte in preghiera, in ginocchio, per chiedere la grazia di conoscere la volontà di Dio in ordine alle sue opere in Genova e su come reperire i mezzi per l’acquisto del Paverano.
Ma con quali mezzi avrebbe potuto affrontare una spesa così grande se gli mancavano i soldi per il biglietto del treno da Tortona a Genova? Fu così che Don Orione decise di fondare la “Società Immobiliare Ligure” e di coinvolgere nella decisione gli amici Boggiano Pico, Pippo Gambaro, Angela Solari Queirolo, Alfonso Dufour, l’avv.to Domingo Rapallo, il cav. Enrico Blondet, il conte Agostino Ravano e il rag. Sciaccaluga. Finalmente l’intesa fu raggiunta. Sovrastava il tutto una grande visione di fede quale soltanto un santo poteva avere: “Non ti impressionare per nulla – scriveva ad Enrico Sciaccaluga – vada bene o male. Coraggio! Noi serviamo Gesù Cristo nei poveri, e la Chiesa nei suoi poveri. E poi stiamo lieti nel Signore”. Dopo vari aggiustamenti si arrivò alla firma dell’accordo che fu redatto dal rag. Sciaccaluga e firmato da Don Orione sull’altare del Santuario della Madonna della Guardia a Tortona.
Il 13 marzo 1933 Don Orione versò la prima rata e due giorni dopo la seconda. Raccontando l’avvenimento ai suoi religiosi durante la “Buona notte” Don Orione ne dava l’annuncio: “Tutti gli anni San Giuseppe ci viene a trovare con qualche grazia… Quest’anno ecco invece un’altra grazia. Ieri sono stato a Genova e ho fatto il contratto per l’acquisto del Paverano. Sono quasi due milioni. Non vi spaventate per così poco perché posso dire di averli già in mano…”.
Conosceva infatti Angela Solari vedova Queirolo, che in memoria del figlio Luigi promise un sostanzioso intervento di un milione di lire. Quanto mancava all’intera somma (1.650.000 a cui vennero scontate la retta delle trecento malate che già ospitava l’istituto) sembra venne consegnato da un misterioso personaggio che gli lasciò in busta chiusa un’offerta pari a quel che occorreva.
E così, il 30 novembre 1933, Don Sterpi, in nome della Divina Provvidenza e di Don Orione, prendeva possesso ufficialmente di Paverano, che tornò ad essere “patrimonio dei poveri”, come disse il prefetto Aldo Gardini alla città di Genova.
A capo della grandiosa struttura Don Orione mise subito il ragioniere genovese Enrico Sciaccaluga, (divenuto in seguito sacerdote e primo economo generale) e affidò le malate alle cure delle Piccole Suore Missionarie della Carità e la direzione sanitaria al Prof. Isola; Don Orione, seppur lontano, oltre l’Atlantico, non mancò mai di seguire gli sviluppi del Piccolo Cottolengo Genovese e di Paverano in modo particolare.
Son passati quasi 90 anni da quella data e da allora il Piccolo Cottolengo interpretò egregiamente i tempi e tenne sempre aperte le porte ad ogni dolore e materiale, proprio Don Orione disse “a chi entra non domanda se abbia un nome, una religione, ma soltanto se abbia un dolore, perché la nostra carità non serra porte”. Il nostro Santo Fondatore seppe impegnarsi in tutti i modi per attraversare momenti difficili (erano anni duri, tempi di guerra e di bombardamenti): sull’esempio della Piccola Casa, istituzione voluta da San Giuseppe Cottolengo a Torino, attrezzò l’istituto di forno, pastificio, reparto tessile e di maglieria, sartoria e tutte le attività che rendono autosufficiente una struttura del genere. Nel campo medico non fu da meno: si arrivò alla sala chirurgica, a quella radiologica e di analisi chimica. I ricoverati si rendevano utili in tutti i modi: proprio Lui da Buenos Aires nel 1935 scrisse: “Al Piccolo Cottolengo si vive allegramente: si prega, si lavora, nella misura consentita dalle forze: si ama Dio, si amano e si servono i poveri. Negli abbandonati si vede e si serve Cristo, in santa letizia. Chi più felice di noi?”.
Ancora oggi la Casa Paverano continua la sua storia di bene, adattandosi alle esigenze della città, rispondendo in maniera sempre più specifica ai bisogni emergenti e contando sempre sulla generosità dei genovesi che mai ha deluso e che ha reso possibile tutto questo. E’ è un grande edificio che per dimensioni ed impronta architettonica può essere considerato una “piccola città nel cuore della città” a due passi dal centro nel quartiere di San Fruttuoso. Vuole continuare ad essere “alla testa dei tempi” ma ha mantenuto la sua vocazione originale ed è attraverso il personale, i volontari e gli amici della Casa che rivive forte il messaggio del nostro Fondatore. Offre assistenza e accoglienza, in formula privata e convenzionata, a chiunque ne abbia bisogno ponendo attenzione soprattutto alle persone fragili, ai più deboli e alle nuove povertà.
Oggi la Casa di Paverano, ci piace chiamarla così perché è amparo, ovvero protezione, e casa di chi una casa non l’ha più, è Residenza Sanitaria Assistenziale e Riabilitativa per persone anziane, Residenza Sanitaria per persone disabili, Ambulatorio Polispecialistico, Ambulatorio per l’infanzia e l’adolescenza, Centro Semiresidenziale per persone autosufficienti e non.
Fonti
Archivio del Piccolo Cottolengo Genovese presente nella Casa di Paverano
Le Mani della Provvidenza, Opera Don Orione 2004, Genova
A cura di Lo Bianco G, Maria U. e Casolari E., Il volto di Don Orione, Editrice Velar 2006, Gorle (BG)
Don Luigi Orione e i Genovesi Raccontano, Quaderni del Chiostro 1998-n°16, Confraternita di S. Giovanni Battista De’ i Genovesi in Roma.