Il card. Bagnasco nella celebrazione degli 80 anni del Paverano a Genova
I più deboli e indifesi sono invisibili nella società del profitto
“Coloro che sono nel bisogno, più indifesi ed esposti, sono invisibili gli occhi della società, che punta sul profitto, sul denaro, sul potere e sull’efficienza e che, pertanto, troppo spesso ha poco tempo e poca voglia di occuparsi degli altri, quando occuparsi degli altri non ritorna nulla”. Così il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei e arcivescovo di Genova, nell’omelia pronunciata nella cattedrale San Lorenzo in occasione dell’80esimo anniversario dell’Opera Don Orione.
Rivolgendosi ai fedeli, agli operatori e ai volontari presenti, il porporato ha detto loro: “Genova vi ringrazia per il vostro servizio che da 80 anni svolgete qui nella nostra città, nella nostra diocesi e vi ringrazia per la vostra testimonianza di attenzione a chi è nel bisogno. Non solo vi ringraziamo ma vi vogliamo bene” perché “Genova – ha aggiunto il cardinale Bagnasco – non è una città avara: il cuore di Genova è molto generoso. Vuole vedere i fatti, vuole essere certo di dove va a finire il proprio sacrificio ma una volta che acquista fiducia allora apre il cuore e comunica anche il frutto del proprio lavoro e sacrificio”.
Nella sua omelia il cardinale ha parlato anche dello “spirito di mondanità”, sottolineando che quando esso “nella parola, nel tratto, nel sembiante, nel pensare entra nel nostro cuore, nelle nostra comunità e nelle nostre opere allora si spegne la fede e muoriamo, diventiamo per lo meno sterili, diventiamo un’organizzazione più o meno efficiente, finché dura, e non siamo più un’organismo vivo e vitale”. Il porporato ha poi ricordato “quante opere della Chiesa nel mondo sono diventate languide, si sono esaurite e non poche si sono spente perchè, strada facendo, si sono ritenute grandi, perché hanno acquisito uno stile di mondalità spirituale che tanto stigmatizza Papa Francesco”.
Rivolgendosi agli operatori del Don Orione, il presidente della Cei ha aggiunto che “non potreste stare accanto ai poveri e sofferenti, che sono piccoli, se voi foste grandi. La piccolezza dell’anima, l’umiltà, la semplicità del tratto, della parola, dello sguardo – quella vera e non quella pelosa e finta che è peggio della superbia e dell’orgoglio – questo atteggiamento vero di umiltà e semplicità, di povertà nello stile di vita, è condizione essenziale – ha concluso – che Don Orione ha voluto per sè, vissuto in modo esemplare e vuole per voi”.
da Avvenire del 30 novembre 2013