Andate in tutto il mondo e annunciate il mio Vangelo
Facendo riferimento, come siamo abituati, agli appuntamenti del periodo liturgico dell’anno, contemplare Gesù che sale al cielo mentre benedice i suoi discepoli inviandoli ad annunciare il vangelo e a dare testimonianza in ogni angolo della terra, può benissimo essere l’immagine più confacente per affrontare l’estate e il tempo delle ferie nella maniera più appropriata, qualunque zona d’Italia o del mondo possiamo frequentare sia pure nella maniera limitata che la crisi permette.
Pensare all’Ascensione di Gesù potrebbe generare l’idea di un suo allontanamento da questa terra per recarsi in qualche luogo o posto infinitamente lontano. In realtà però non si tratta di allontanamento, partenza o fuga, ma di un innalzamento. Viene innalzato al cielo, alla destra di Dio, tutti modi per dire che viene innalzato alla gloria di Dio.
È il completamento cioè della Pasqua, perché la resurrezione di Gesù non è la sua restituzione alla vita fisica che aveva prima della sua morte, ma è elevazione ad un’altra forma di vita. Ora egli vive “al modo di Dio”, reinserito in quella dignità e gloria alla destra di Dio, con ogni potere in cielo e sulla terra come era prima dell’Incarnazione.
Se Gesù dunque si sottrae agli occhi del corpo, non significa che egli scompaia dall’orizzonte della vita del credente, anzi il suo influsso ora si dilata su tutta la terra, sia nel senso della profondità in coloro che credono, ( San Paolo augura a tutti quello Spirito di Sapienza e rivelazione per una più profonda conoscenza di lui: illumini gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamato, quale tesoro di gloria è riservata anche a noi), ma anche nel senso della vastità che deve raggiungere lo slancio missionario che affida ai suoi discepoli, sino agli estremi confini della terra, in ogni cultura e con ogni lingua.
Non a caso l’appuntamento finale che dà agli undici è ancora in Galilea, su un monte della Galilea, regione che aveva visto l’avvio della sua predicazione, la Galilea delle genti, dei molti pagani e lontani da Dio. Il monte richiama la sua autorità di maestro alla stregua di Mosè sul monte Sinai.
Egli è il capo della Chiesa che è il suo corpo. La comunità cristiana , aperta a lui nella fede, diventa la sua nuova corporeità, lo strumento mediante il quale egli continua a operare nei luoghi dove si svolge la nostra esistenza. E deve essere la vita e le attività della comunità cristiana, oltre che dei singoli, a rivelare ancora la sua presenza. Lo devono essere per esempio le nostre assemblee eucaristiche, la celebrazione dei sacramenti, i legami fraterni e la solidarietà esercitata in mille modi, la fedele custodia della Parola di Dio e la cura della propria fede, l’annuncio missionario.
I cristiani non possono mai stare fermi, sono sempre in cammino: è una dimensione costitutiva della fede. In questo senso non vanno mai in vacanza.
Riceverete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e di me sarete testimoni fino ai confini della terra. Questo vuol dire anche con ogni mezzo e strumento che la scienza e la tecnica mettono a disposizione. I mezzi della comunicazione sociale, vecchi e nuovi, sono strumenti che possono essere utilizzati per fare il male e manipolare gli altri, ma possono e devono essere usati anche per il bene, per fare il bene e unire gli uomini. Strumenti a servizio della verità e a servizio dell’uomo, di tutti gli uomini.
L’ascensione al cielo non comporta dunque un distacco incolmabile né dalla storia umana né tanto meno dalle vicende e dalla vita della comunità cristiana. Per questo l’ultima parola del Risorto è una rassicurazione: io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.
Si sente qui l’eco delle parole che Javhè rivolge a Mosè preoccupato del peso della sua missione: Io sono con te, gli dice. E si compie così anche la profezia di Isaia: sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi. Gesù è davvero l’Emmanuele, e lo resterà per sempre.
d.g.m.