La tenerezza: la santità che si fa vera compassione e misericordia condivisa
Una delle vie di santità che dovremmo fare nostra dai santi è il riprendere la capacità di esprimere la nostra tenerezza che diventa il volto del nostro sapere amare profondamente l’altro nato dall’incontro nostro con un dio che ci ha dato tutta la sua tenerezza per riempire la nostra vita innestando in noi la capacità di donarla agli altri. Enzo Bianchi in un articolo su Avvenire scriveva che sarebbe buona cosa tradurre il termine rechem/rachamim con tenerezza “perchè questo designa un movimento intimo, istintivo,causato da un fremito di amore che diventa compassione, soffrire con, sensibilità; e poiché si tratta di un sentimento materno, che nasce dalle viscere, dalle interiora della madre, allora sembrerebbe più indicato tradurre con tenerezza invece che con misericordia, “cuore per i miseri”. Nel mondo attuale e anche nella nostra vita quotidiana abbiamo paura di esprimere la tenerezza perchè talvolta di fronte abbiamo un mondo che la vede come tenerume o sdolcinatezza. In realtà in essa come sottolinea anche Papa Francesco c’è qualcosa di più profondo: essa e una via di Santità, dono della tenerezza del Signore, che ci aiuta a combattere i mali della nostra anima e a rivoluzionare radicalmente il nostro amare in senso cristiano perchè è una forza attiva e pratica che diventa una sensibilità, aperta all’altro. La tenerezza diviene così quella misericordia-amore che diventa una carezza, un prendere la mano dell’altro nella propria, un asciugare le lacrime. Monsignore Carlo Rocchetta sottolinea ciò nel suo libro la Teologia della tenerezza dicendo che la tenerezza “sboccia solo in un cuore libero, capace di offrire e ricevere amore” e che essa “si collega a due esigenze fondamentali e permanenti, inscritte nel cuore umano, desiderare di amare e sapere di essere amati; e si realizza come scelta e stile di vita in ordine a una piena maturità”. La vera definizione di tenerezza che possiamo darci, è arrivare a considerarla e a viverla come una disposizione affettiva dell’animo che muove intuitivamente a voler-bene e ad apprezzare, amare con coinvolgimento personale che porta ad avvicinarsi agli avvenimenti e alle persone vivendo l’incontro con loro, in prima persona e facendosene carico; valutando ogni incontro o circostanza con gli occhi del cuore, prima che con quelli della mente vivendo la vita come un mondo di relazioni tendenzialmente mature e soddisfacenti perchè ci apre al meravigliarsi della vita e all’ascolto della sinfonia quotidiana che essa emana, divenendovi compartecipi autori con compassione, gioia di essere, spontaneità, condivisione e convivialità. In fin dei conti è ciò che i santi della Carità hanno vissuto nelle loro relazioni con il mondo. Don Orione in ciò è maestro. Il suo chinarsi sul prossimo e la sua ricerca assetata di anime da portare a Gesù Cristo non può essere che una dilatazione del suo cuore infinito manifestazione della tenerezza di Dio. Guardando il volto di don Orione non posso non immaginarmelo sempre sereno, assorto da Dio ma con uno sguardo profondamente amorevole e tenero nei confronti dei mali del mondo. Non posso immaginare la sua vita senza essere essenziale, piena di carità autentica e responsabile dove non perdeva la semplicità e famigliarità quotidiana delle suo essere relazionante con la vita e il mondo. La sofferenza è entrata nella sua vita ma lui l’accolse dicendo che basta solo Dio per aiutarla ad essere meno sofferenza e luogo di speranza e di salvezza. Anche noi siamo chiamati ad essere più umani e solidali con un mondo che di tenerezza ne vive poca anche forse nei nostri piccoli mondi quotidiani. Siamo chiamati a essere santi nelle nostre relazioni per dare speranza al mondo e allora armiamoci di tenerezza, quella finora descritta, che divenga il nostro rivoluzionarci interiormente per essere persone vere e autentiche nel nostro amare. Abbiamo Gesù che ci rivela il volto tenero del Padre. Ernesto Olivero fondatore del Sermig in un suo libro scrive: “Caro amico se non conoscessimo Dio avremmo mai potuto immaginare che dicesse a me e a te: Amami? Dio è vicino. Per prima cosa mi dice amami cioè ho bisogno di te, voglio stare dentro di te, alla pari con te, per farti vivere e donare il mio amore con te al mondo. Come è possibile ignorare un simile Dio che è padre, amico, confidente?”
don Ivan Concolato