Fare lo sforzo di aprire la porta
L’accoglienza è un’altra via di Santità importante. Accogliere significa pensarsi dono e vedere l’altro come dono. Accogliere significa ricevere qualcuno o qualcosa. L’accoglienza è un’apertura: ciò che così viene raccolto o ricevuto viene fatto entrare – in una casa, in un gruppo, in sé stessi. Accogliere vuol dire mettersi in gioco, e in questo esprime una sfumatura ulteriore rispetto al supremo buon costume dell’ospitalità – che appunto può essere anche solo un buon costume. Chi accoglie rende partecipe di qualcosa di proprio, si offre, si spalanca verso l’altro diventando un tutt’uno con lui. E anche se l’accoglienza di un vecchio amico siciliano può parere aliena rispetto all’accoglienza del conoscente giapponese, rimangono il medesimo fenomeno, diverso solo perché diverse sono le persone e le culture e il loro modo di aprirsi, il loro modo di fare entrare.
Ognuno di noi è stato accolto nella sua vita. L’averci dato la vita è stata la prima accoglienza che abbiamo ricevuto. Accogliere vuol dire mettersi in gioco e vuol dire, come afferma don Orione, vivere una generosità grande e coraggiosa e umile e in questo esprime una sfumatura ulteriore rispetto al supremo buon costume dell’ospitalità – che appunto può essere anche solo un buon costume. Chi accoglie rende partecipe di qualcosa di proprio, si offre, si spalanca verso l’altro diventando un tutt’uno con lui.
L’accoglienza non è un movimento semplice da fare.
Accogliere significa fare lo sforzo (sì, esatto, lo sforzo) di aprire le porte di casa propria, intesa proprio come casa, ma anche come cuore, come famiglia, come confini, a chi ti sta bussando. I Piccoli Cottolengo nostri si sono aperti accettando poveri infermi di qualunque nazione e di qualunque lingua, col credo e anche senza credo, senza Dio e senza religione. E questo lo si deve al buon spirito dei nostri Confratelli, che hanno la cura spirituale di quei poveretti, al buono spirito dei nostri chierici infermieri, che accudiscono i vecchi, al buono spirito e alla santa carità delle Suore (Don Orione).
Accogliere significa essenzialmente amare. “L’amore cresce nella misura in cui ognuno assapora l’armonia nella diversità. La persona che riceve la vita è necessario che la riconosca come amore e risponda con un dono d’amore. Perciò, dovremmo semplicemente far nostro questo programma: Ti accolgo, perché ti amo. La porta del Piccolo Cottolengo non domanderà a chi entra se abbia un nome, ma solo se abbia un dolore. …Quello che molto, molto, molto vi raccomando, è la benignità, la dolcezza, la carità. Non solo dovete essere paziente, ma dolce, dolce, dolce. … Andate avanti così, senza meticolosità, che camminerete bene”.
Accogliere significa riconoscere l’altro. Nel senso di vederlo. Di osservarlo e di osservarsi attraverso i suoi occhi. Che è facile quando si è in risonanza, molto meno quando si stride. L’operatore deve far capire all’ospite “ che siamo interessati a fargli del bene che viviamo non per noi ma per lui… che il suo bene è il nostro bene, che le sue gioie sono le nostre gioie, e le sue pene, i suoi dolori sono pene nostre e nostri i suoi dolori .Egli deve anche sentire che siamo pronti a fare per lui dei sacrifici” (Don Orione).
Accogliere significa ascoltare, non solo ciò che vogliamo sentire ma anche quanto non vogliamo sentire, che vorremmo zittire, significa agire per andare oltre, proprio quando stiamo per imporre noi stessi e il nostro pensiero, significa avere il desiderio profondo di conoscere chi ci sta di fianco; può darsi che ci camminiamo a fianco da anni ma in realtà non lo abbiamo mai conosciuto realmente “Usate pazienza. Con la furia, la superbia, con la parola che punge, con quel fare avvelenato si allontanano i cuori e non si fa più del Bene. Pazienza con tutti, industriose sollecitazioni, buoni modi. La nostra vigilanza non deve pesare, non deve opprimere, deve essere come la luce che penetra dappertutto, ma che non pesa; illumina, rischiara il cammino” (Don Orione).
Don Ivan Concolato