Messa del Papa a Genova: il cristiano è un missionario mite e creativo
Una folla di migliaia di persone ha accolto Papa Francesco nel pomeriggio arrivato a piazzale Kennedy sulla papamobile letteralmente avvolto dagli applausi dall’affetto dei genovesi. L’impressione è che quasi l’intera città e non solo si sia riversata nell’area della Fiera del Mare, dove sono state necessarie 28 torri di amplificazione e diversi maxischermi per garantire a tutti di pregare con il Papa che ha presieduto la Santa Messa.
Preghiera e missionarietà
E la preghiera e lo slancio missionario sono stati i cardini della sua omelia. Gesù ha unito per ogni uomo la “terra al cielo” – ha detto – sottolineando che “quando Gesù è asceso al Padre la nostra carne umana ha varcato la soglia del cielo” e che “Dio non si staccherà mai dall’uomo”. La prima parola chiave che il Papa ha usato è stata intercessione: “Gesù presso il Padre intercede ogni giorno, ogni momento per noi. In ogni preghiera, in ogni nostra richiesta di perdono”.
Il mondo ha bisogno della preghiera
La preghiera è dunque la via per affidare una “persona”, “una situazione” importante a Dio. “Il mondo, noi stessi ne abbiamo bisogno” – ha proseguito – evidenziando la frenesia della vita quotidiana che ci fa rischiare di arrivare “a sera stanchi e con l’anima appesantita”. “Vivendo sempre tra tante corse e cose da fare – ha proseguito -, ci possiamo smarrire, rinchiudere in noi stessi e diventare inquieti per un nulla”.
Gettare l’ancora in Dio
La soluzione per Francesco è “gettare l’ancora in Dio” dando “a Lui i pesi, le persone e le situazioni”, affidandogli tutto. “È questa la forza della preghiera – ha ripreso – che collega cielo e terra, che permette a Dio di entrare nel nostro tempo”.
La preghiera ferma la guerra
“La preghiera cristiana non è un modo per stare un po’ più in pace con sé stessi o trovare qualche armonia interiore”, ma se la preghiera è intercessione – ha aggiunto – in essa c’è tutto un dinamismo che configura la “carità”. Una carità che non prevarica e non grida “secondo la logica di questo mondo”, ma esercita “la forza mite della preghiera” con la quale “si possono anche fermare le guerre e ottenere la pace”. Quindi “come Gesù intercede sempre per noi presso il Padre così noi suoi discepoli non stanchiamoci mai di pregare per avvicinare la terra al cielo”.
L’amore di Dio è dinamico
L’annuncio e quindi la missione in nome di Cristo, è stata la seconda parola chiave e sfida proposta dal Papa. Il “Vangelo – ha detto – non può essere rinchiuso e sigillato, perché l’amore di Dio è dinamico e vuole raggiungere tutti”. “Per annunciare, allora, occorre andare, uscire da sé stessi. Con il Signore non si può stare quieti, accomodati nel proprio mondo”.
Il cristiano non è fermo
“Il Signore rilancia sempre – ha chiarito – ci vuole in uscita, liberi dalla tentazione di accontentarci quando stiamo bene e abbiamo tutto sotto controllo”. “Il cristiano non è fermo, ma in cammino: col Signore verso gli altri”.
Mettersi in gioco con coraggio
Il cristiano – ha detto – è un “pellegrino, un missionario, un maratoneta speranzoso”, mite, “ma deciso nel camminare; fiducioso e al tempo stesso attivo; creativo ma sempre rispettoso; intraprendente e aperto; laborioso e solidale”. Ha parlato di “urgenza della missione”, per portare un annuncio di gioia con la forza limpida e mite della testimonianza in Cristo, lasciando stare le “chiacchiere” e le “finte discussioni di chi ascolta solo sé stesso”. Il Papa ha dunque esortato a lavorare “concretamente per il bene comune e la pace”. “Mettiamoci in gioco con coraggio – ha concluso – convinti che c’è più gioia nel dare che nel ricevere”.
(da Radio Vaticana)