Trovare Dio nella minestra
Dopo la nostra morte andremo in Paradiso (Gesù è andato a prepararci un posto; cfr. Gv. 14,2) e vedremo Dio faccia a faccia e staremo sempre con Lui.
Ma adesso, qui, nella nostra vita terrena, come possiamo vedere Dio? Gesù ci ha detto: “Chi ha visto me ha visto il Padre” (Gv. 14,9) e ha detto anche: “Tutto quello che avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me” (Mt. 25,40). Quindi Dio lo vediamo, lo incontriamo tutti i giorni nelle persone con cui lavoriamo, negli ospiti del Piccolo Cottolengo che assistiamo … . “Per toccare il Dio vivo non serve fare un corso di aggiornamento, ma è sufficiente accostarsi alle piaghe di Cristo di chi è povero, debole, emarginato … con la nostra tenerezza” (Papa Francesco).
Un sacerdote francese, Henri Bissonnier (1911-2004), cercando di spiegare come sia possibile fare incontrare Dio anche alle persone fragili, ai disabili gravi … è arrivato a dire che possiamo “trovare Dio nella minestra” (citando una frase di Heinrich Hanselmann). E’ un’immagine che mi porto dietro da tanti anni, da quando l’ho utilizzata per la mia tesi di Licenza Pastorale alla Pontificia Università Lateranense su “L’educatore religioso e gli handicappati mentali”. Spesso noi crediamo che per conoscere e amare Dio servano grandi studi teologici, esperienze mistiche straordinarie; in realtà si può conoscere e amare Dio anche sapendo riconoscere la sua presenza in ogni persona e in ogni realtà creata. Gesù stesso ha detto: “Ti benedico, Padre, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt. 11,25). Forse anche noi possiamo innalzare al Padre questa preghiera di Gesù: benedirlo e ringraziarlo perché ci offre la possibilità di conoscerlo, di amarlo, di servirlo in ogni persona debole, fragile, di rendere visibile l’amore e la tenerezza di Dio attraverso i nostri piccoli gesti quotidiani, che a volte ci possono apparire insignificanti, monotoni, faticosi e che, invece, possono avere una potenza di salvezza straordinaria, per chi li compie e per la persona che li riceve. È sempre Gesù che ce lo annuncia: “Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa” (Mt. 10,42). Ogni piccolo gesto d’amore può garantirci una doppia ricompensa, doppia retribuzione: quella da prestazione professionale e quella che arriva direttamente da Dio e ci proietta fin da ora nell’eternità.
Vivere e lavorare al Don Orione vuol dire anche aprirsi a questi orizzonti infiniti. È un dono, un’opportunità che Dio ci offre, che ci fa incontrare, che ha posto sui nostri passi. Non lasciamola passare invano nella nostra vita.
don Dorino Zordan