Il tiro con l’arco: una “diversa abilità” totalmente adattata

Da tre anni due persone che abitano la nostra casa di Paverano, Piccolo Cottolengo di Don Orione, partecipano ad un’attività sportiva insolita e coinvolgente: il tiro con l’arco. Insolita perché nelle nostre realtà si sente spesso parlare di sport come il nuoto o la ginnastica posturale; coinvolgente perché l’attività permette, a chi la pratica, di valutare immediatamente se il tiro è andato a buon fine o no, restituendo quindi la voglia di mettersi alla prova, qualora non si sia raggiunto il centro del bersaglio e un senso di euforia quando si fa centro! Partecipare all’attività sportiva per un’ora alla settimana, non è un gioco: Irene e Maurizio (i Robin Hood protagonisti di questo articolo), si preparano di volta in volta all’appuntamento e si recano presso la “palestra degli arcieri” di via Donghi accompagnati da un volontario e da un operatore. Qui l’istruttore Gianni li attende per aiutarli a indossare i paracolpi e a posizionarsi nel modo corretto, non prima di aver fatto un po’ di riscaldamento con le fasce elastiche. Il silenzio in palestra aiuta a concentrarsi: sentire e calibrare il proprio baricentro, incoccare la freccia, tendere l’arco, mirare, restare immobili per alcuni secondi, scoccare la freccia… e finalmente verificare la direzione del tiro: centro! Pochi secondi ma intensi, dove la concentrazione e la determinazione sono le protagoniste indiscusse di questi atti.

Irene, residente presso il reparto Don Sciaccaluga, nel corso del tempo ha interiorizzato l’azione, mostrando oggi eleganza e determinazione nell’impugnare l’arco e nel mettersi in posizione. Maurizio, residente invece presso il reparto San Gabriele, ha fin da subito mostrato interesse e, abbandonata la sua timidezza, ha mostrato carattere e decisione, affrontando ostacoli non di poco conto, per chi vive su una sedia a rotelle, quando pioggia o intemperie rendono difficoltoso lo spostamento da casa verso la palestra.

Entrambi hanno recentemente partecipato ad un torneo organizzato dalla palestra stessa e condiviso una serata in pizzeria a fine gara con gli altri arcieri e i propri parenti. Inutile dire quanta aria di positiva sportività abbiano respirato Irene e Maurizio in un simile evento. E quanta la soddisfazione per aver mostrato le proprie capacità e le proprie conquiste sportive ai propri cari…  e a sé stessi!

Eleonora Marullo

 

 

Quale sport?

Domanda assai consueta posta da chi ricerca un modo di rincorrere un modello, di trovare uno strumento di promozione personale, di migliorare l’efficienza fisica e anche per puro passatempo.

A una tale domanda occorrerebbe rispondere con un’altra domanda dalle implicazioni complesse: “Per quale persona?”

Talvolta si rincorre un’idea di sport poco appropriata alle proprie condizioni psico-fisiche e si finisce col provare un senso di frustrazione e conseguente abbandono dell’attività. La rinuncia all’attività sportiva è certamente un insuccesso che va però motivato, individuando la causa determinante. Le “colpe” di un insuccesso devono sempre costituire lo stimolo prioritario ad individuare le possibili cause non solo per l’atleta, ma soprattutto in chi ha la responsabilità di guidare l’attività.

Il compito dell’istruttore/allenatore/insegnante è quello di centrare l’obiettivo del proprio lavoro sulla persona. Chi impone schemi standard ad ogni persona, ha già compiuto un errore metodologico, che porterà certamente al fallimento della prestazione e rischierà di aumentare il senso di inadeguatezza e frustrazione in chi si accorgerà di non riuscire a raggiungere gli obiettivi “teorici” proposti dalle indicazioni asettiche di un istruttore improvvisato.

Chi si occupa di attività motoria e promozione sportiva deve avere una preparazione specifica di alto livello, che non preveda unicamente il gesto tecnico fine a sé stesso, ma dovrà comprendere tutte quelle discipline che riguardano le scienze umane con un percorso articolato tra le competenze (e non solo conoscenze) dell’anatomia funzionale, della biomeccanica, dell’approccio psicologico-relazionale e, soprattutto, dovrà essere un esperto delle tecniche di comunicazione.

Chi riveste il ruolo di istruttore (utilizziamo questo termine per consuetudine consolidata anche se riduttivo) assume il ruolo di modello e guida in cui l’allievo si identifica e ricerca un punto di riferimento e l’acquisizione di certezze.

L’istruttore sa che occorre sempre offrire la libertà di sbagliare serenamente. L’errore è uno strumento indispensabile per la progressione dell’apprendimento. Si parla infatti di gestione del feedback negativo con tutte le implicazioni connesse alla strutturazione dello schema corporeo adattato alla specialità sportiva seguita o anche ad un’attività motoria globale e non orientata in modo univoco.

Un capitolo assai più complesso e articolato è proposto dall’attività motoria adattata finalizzata al recupero funzionale, alla strutturazione dello schema corporeo, all’acquisizione di abilità motorie di base, alla socializzazione, alla scoperta di nuove tecniche di interazione con le persone. Caratteristiche queste, che devono essere comunque comprese da ogni metodologia di approccio a qualunque attività. Ricordiamo che si lavora con persone, che non devono essere solo “addestrate”, ma guidate e rese consapevoli sia delle difficoltà, da affrontare e superare, sia dei progressi da consolidare e potenziare.

Si affronterà quindi con grande professionalità anche l’attività con persone diversamente abili.

Chi non ha molta esperienza in ambito sportivo può non condividere il termine “handicap”, ritenendolo offensivo e frustrante. In ambito sportivo (il termine è proprio di origine sportiva) ci possiamo tutti sentire in situazione di handicap di fronte ad un’abilità a cui non siamo preparati. Nessun problema: ci si impegna e si raggiunge l’obiettivo!

In questo settore l’handicap, genericamente inteso, ha lasciato il posto alla definizione di: “diversamente abile”. Definizione assai migliore dal punto di vista linguistico con una complessa struttura di sottintesi significati.

Diversamente abile in che cosa? Oppure: “Abile in che cosa?”

È quest’ultima la vera sfida per l’istruttore: scoprire, accertare, sviluppare, coordinare, potenziare le abilità diverse.

Qui può essere di grande aiuto l’approccio al tiro con l’arco.

L’esperienza arcieristica ci ha portato a conoscere le valenze formative, educative e tecniche di questa pratica sportiva.

Il tiro con l’arco racchiude in sé molti fattori concorrenti all’attivazione di nuovi schemi motori utili per chi può avere difficoltà di concentrazione, relazione interpersonale, adattamento a schemi di comportamento e rispetto della scansione temporale di una prestazione motoria.

É indubbio che l’istruttore/allenatore debba avere un dialogo interdisciplinare con tutte le professionalità che concorrono alla “cura” della persona diversamente abile (parlare di persona disabile, in ambito sportivo, si parte già con una ammissione di insuccesso…).

Il tiro con l’arco prevede l’utilizzo di attrezzature che devono essere gestite con prudenza e attenzione. La freccia è sempre una freccia, ma anche l’arco se lasciato cadere può creare danni.

Valutando questo aspetto abbiamo individuato una società sportiva genovese (A.S.D. Arcieri della Superba)1 che da molti anni ha avviato un’attività specifica per le persone diversamente abili. Qui gli atleti possono iniziare a tirare con l’arco con attrezzature adattate alle varie tipologie di performance motoria: archi leggeri in plastica, frecce con puntale inoffensivo, bersagli adattati e di fogge diverse, istruttori qualificati con competenze specifiche per l’ambito operativo speciale.

Il tiro con l’arco è una vera specialità sportiva con una particolarità talvolta non valutata attentamente. La particolarità consiste nell’acquisizione degli elementi di base della disciplina sportiva che non si esprimono limitatamente alla prestazione sportiva stessa, ma, se acquisiti in modo consolidato, si possono esprimere in ogni attività quotidiana.

Se pensiamo alla gestione del respiro, all’acquisizione di equilibrio, alla capacità di concentrazione, al rispetto dei tempi, all’applicazione di una sequenzialità delle prassie motorie, scopriamo che chiunque può trarre indubbi vantaggi quotidiani dagli elementi di base di questa pratica sportiva.

L’abilità sportiva si rivela durante la prestazione sportiva, l’abilità motoria, come qui la intendiamo, entra a far parte della Persona stessa e si manifesta ogni giorno.

Gli atleti diversamente abili, ma che diverranno assai abili divertendosi e apprezzando risultati oggettivi, sono spesso di stimolo a tutti i compagni di squadra e se la pratica sportiva è proposta con intelligenza e competenza, si creano interazioni tra persone pronte a collaborare in amicizia.

Il tiro con l’arco, “abilità motoria a circuito aperto” (abilità discreta), ha un inizio e una fine ben definiti e non vi è possibilità di correzione finale. Una volta che la freccia è scoccata non possiamo più modificarne la traiettoria. Questa caratteristica ha la peculiarità di rendere l’approccio alla volée (il tiro delle tre frecce in sequenza) quasi uniforme per tutti gli atleti: ogni freccia incoccata è unica e ogni azione ricomincia da zero. É certo, ovviamente, che l’abilità tecnica dell’atleta potrà rendere più uniforme la prestazione ed è altrettanto certo che un vero atleta arciere sa che può essere sufficiente un soffio per alterare la prestazione e quindi ogni freccia va “studiata” come unica.

Ricordiamo che le abilità richieste ad un arciere sono:

  • Impegno muscolare;
  • Impegno cardio-respiratorio;
  • Impegno psicologico.

 

E l’allenamento costante consente di:

  • Mantenere la prestazione;
  • Migliorare la prestazione;
  • Prevenire i traumi.

 

Una finalità globale propria del tiro con l’arco, consiste proprio nell’acquisizione di un equilibrio psico-fisico basato sull’autocontrollo e la contestualizzazione dell’esperienza motoria finalizzata al risultato di prestazione.

È in questo senso che riteniamo il tiro con l’arco una delle attività che meglio si adattano ad alcune problematiche della disabilità e dell’ipodotazione. Sarà compito dell’istruttore/allenatore accertare il livello della competenza motoria, stabilire una programmazione di massima a lungo periodo, una segmentazione di obiettivi raggiungibili, adattati e gratificanti, senza tralasciare i processi di verifica e valutazione del lavoro svolto.

Il tiro con l’arco consente di ottenere immediatamente la verifica dell’azione corretta (la freccia raggiunge il bersaglio) valutando l’apprendimento e l’efficacia della progressione di tiro così schematizzata:

  • Posizionamento: ci si dispone sulla linea di tiro in modo corretto orientandosi verso il bersaglio, rispettando la posizione assegnata e la distanza dai compagni;
  • Preallineamento: primo elemento in cui l’arco viene posto in leggera tensione con la freccia incoccata;
  • Trazione-Mira: si raggiunge la posizione di tiro, si completa l’azione di trazione della corda, si raggiungono i punti “di contatto” e si orienta la freccia sul centro del bersaglio (secondo le tecniche previste dai diversi tipi di arco: nudo, olimpico, compound);
  • Rilascio-Mantenimento: dopo aver scoccato la freccia, si rimane un attimo nella posizione fondamentale per permettere di verificare il movimento eseguito.

 

Un’altra peculiarità del tiro con l’arco è quella di consentire la massima e completa adattabilità dell’attrezzatura alle caratteristiche fisiche dell’atleta anche diversamente abile. Qui si offre l’opportunità di ricercare un modello di riferimento gratificante che stimoli il raggiungimento del risultato tecnico, cognitivo, formativo e socializzante.

Alcuni dei modelli graditi sono naturalmente forniti dalla letteratura e dalla filmografia:

  • Arco nudo: Robin Hood, Katniss Everdeen (Hunger Games), Legolas (Signore degli anelli)…
  • Arco olimpico: I nostri Atleti Olimpionici (Michele Frangilli, Marco Galiazzo, Mauro Nespoli…);
  • Arco compound: Rambo, Jeremy Renner (The Avengers), Oliver Queen (The Arrow).

 

Certamente un professionista potrà sorridere di fronte ai modelli citati, perché spesso tecnicamente commettono grossolane imprecisioni, ma qui interessa suscitare emozioni e offrire una percezione gratificante dell’esperienza motoria.

Infine ricordiamo che lo scopo di chi si dedica alla promozione della Persona attraverso la pratica sportiva è il raggiungimento di abilità consolidate a livello sia cognitivo sia metacognitivo e relazionale.

Nel tiro con l’arco lo spirito agonistico, saggiamente guidato, è uno stimolo importante per la progressione dell’impegno e l’assunzione di responsabilità con la convinzione che se si vince si festeggia e se non si vince… si festeggia ugualmente. Ricordando che: “Io non perdo mai. O vinco o imparo” (Nelson Mandela).

 

Dott. Giovanni Calabretto

 

 

1 All’ASD Arcieri della Superba, gli atleti diversamente abili hanno costituito una vera squadra grazie all’intervento di alta professionalità del Dott. Giovanni Calabretto (medico, Istruttore 2° livello FITARCO, specialista in metodologia per l’handicap), della Sig.ra Giovanna Zampese (animatrice presso il Don Orione, Atleta e consiglio direttivo), del Dott. Carlo Maggioncalda (psicologo, educatore presso il Don Orione e consiglio direttivo)