Don Giulio Cremaschi
“Il maestro dei novizi è di poca, anzi di ruvida apparenza, ma fine e di molto discernimento. Ho stima di lui che è venerato da chi resta e da chi va e tutti lo portano nel cuore anche dopo anni e anni che sono usciti dal noviziato”. Così Don Orione lo presentava, sebbene talvolta lo rimproverasse d’essere troppo buono, dando vita a una precisazione: “Cosa volete, guai se al mondo si dovesse essere buoni solo con quelli, e nella misura che lo meritano. Gli uomini hanno bisogno di maggiore bontà di quanta ne abbiano diritto. Proprio come fa il Signore con noi. Solo chi si ostina a credere buoni gli altri può continuare con pazienza ad aiutarli e a far loro del bene. Vedete Don Orione!”.
Leggendo anche poche righe ci si rende conto di quanto i due religiosi siano in sintonia vivendo lo stesso carisma, uniti negli intenti e nella reciproca stima. Non era solo un rapporto personale. Le loro parole affettuose hanno chiaramente lo scopo d’essere d’insegnamento ai novizi, e non solo, di come è opportuno porsi in comunità. “Andate, andate volentieri a Villa Moffa. Vi troverete una “mamma”: Don Cremaschi. Dategli tante consolazioni. Tutta la congregazione è passata, fin dagli anni anteguerra, sotto le mani di Don Cremaschi e tutta gli vuol bene – dagli orfani calabresi, siciliani e marsicani, che per primi vi andarono dopo i terremoti di Messina e della Marsica – su su fino ad ora che quella casa è noviziato”.
Una bella famiglia religiosa, penserete. Certo, ma anche più realistica, quantunque sparpagliata. Infatti seguirono Giulio, stabile in quel di Cuneo, il fratello Ippolito (fra Gaetano, eremita) appartato a Cosenza, e la madre Delfina che “fece da mamma a tanti poveri fanciulli nel collegio Santa Chiara” (Tortona) come testimoniava Don Orione.