Amore alla Chiesa e al Papa
“L’appassionata fedeltà al Papa e ai Vescovi furono il supremo amore della sua vita”
Don Paolo Clerici che, attraverso il gruppo studi orionini ha più volte approfondito la figura di San Luigi Orione nelle sue diverse sfaccettature, approfondisce il secondo valore carismatico che il nostro Santo Fondatore ci ha lasciato in eredità.
Don Orione fin dalla giovinezza ha parlato varie volte dei suoi “quattro grandi amori”: Gesù, Maria, Papa, Anime. Sorprende incontrare il Papa in questa lista ma è Don Orione che precisa “L’amore al Papa, non oso dire che sia il terzo santo amore nostro (dopo Gesù e Maria); sentirei di dire troppo poco… giacché l’amore al Papa per noi si identifica con lo stesso amore a Gesù Cristo. Nel Papa vediamo il Signore, nella parola del Papa la parola del Signore; noi, nei desideri del Papa sentiamo i desideri del cuore stesso di Gesù. Il nostro amore filiale al Papa è una devozione, perché è amore di Dio: è amare Cristo nostro Dio, essendo il Papa – come dice santa Caterina da Siena – il dolce Cristo in terra”. (Parola VI, 192)
Dagli appunti presi nella adunanza dei sacerdoti della Piccola Opera presieduta dallo stesso Don Orione, tenuta nella casa di Villa Moffa il 2-3-4 settembre 1912, nel capitolo “Spirito della Congregazione” si afferma:” Il fine della Congregazione è di accrescere in noi e in altri l’amore al Romano Pontefice…Questo fine è precipuo: cioè di lottare estremamente contro chi vuole fare il deserto attorno al S. Padre: questa Congregazione è tutta del Papa: benché piccola, benché minima, pure essa è tutta per lui…La Congregazione è nata impastata con Santo Padre…”.
Il 2 marzo 1920 Don Orione scrive la propria epigrafe e la affida al suo collaboratore e successore. Il testo recita: “Qui riposa nella pace di Cristo il Sacerdote Luigi Orione dei Figli della Divina Provvidenza che fu tutto e sempre della Chiesa e del Papa!”.( Scritti 57, 146)
L’amore al Papa e alla Chiesa può essere riconosciuto come la chiave, il fine unificante per capire il multiforme apostolato di Don Orione. L’esercizio della carità verso i poveri, mediante il dono di sé e le opere, costituisce il mezzo, la via e il dinamismo per realizzare il fine.
L’articolo 5 delle Costituzioni dei Figli della Divina Provvidenza, la Congregazione da Lui fondata, dice:
“Fine speciale della Congregazione è diffondere la conoscenza e l’amore di Gesù Cristo, della Chiesa e del Papa, specialmente nel popolo; trarre ed unire con un vincolo dolcissimo e strettissimo di tutta la mente e del cuore i figli del popolo e le classi lavoratrici alla Sede Apostolica, nella quale, secondo le parole del Crisologo, il beato Pietro vive, presiede e dona la verità della fede a chi la domanda. Ad omnia in Christo instauranda, ut fiat unum ovile et unus pastor” … E ciò mediante l’apostolato della Carità fra i piccoli e i poveri … mediante l’insegnamento della dottrina cristiana e la pratica delle opere evangeliche della misericordia”.
Vivere e diffondere l’amore al Papa e alla Chiesa è, pertanto, il cuore dell’identità carismatica di San Luigi Orione, il quale si contraddistingue nella storia della Chiesa come uno dei più convinti e dinamici rappresentanti. Questo breve excursus intende descrivere il ritratto papalino di San Luigi Orione che viene testimoniato dal suo dire e dal suo fare.
In una lettera dell’11 febbraio 1903, documento di somma importanza, Don Orione chiede al suo Vescovo, Mons. Igino Bandi, di emettere il decreto di approvazione dell’Istituto detto “L’Opera della Divina Provvidenza”. Nell’occasione egli presenta il piano programmatico della nascente istituzione. Si tratta della magna charta della famiglia orionina, nella quale il Fondatore, certamente per ispirazione divina, fissa in questi termini lo scopo della sua Opera:
“Compiere, con la divina grazia, la volontà di Dio nella volontà del beato Pietro, il romano pontefice e cercare la maggior gloria di Dio con attendere alla perfezione dei suoi membri e impegnarsi, con ogni opera di misericordia, a spargere e crescere nel popolo cristiano, e specialmente nell’evangelizzare i poveri, i piccoli e gli afflitti da ogni male e dolore, un amore dolcissimo al Vicario in terra di nostro Signore Gesù Cristo che è il romano pontefice, successore del beato apostolo Pietro, coll’intento do concorrere a rafforzare, nell’interno della S. Chiesa, l’unità dei figli col padre e, nell’esterno, a ripristinare l’unità spezzata col Padre”. (Scritti 45, 21)
In tutta la sua vita don Orione resterà fedele ai suoi principi carismatici. Nel gennaio 1912 avverte con queste parole un giovane che desiderava entrare come seminarista nella sua Congregazione:
“Tu dovrai essere fedelissimo seguace in tutto, anche nei desideri, del Santo Padre, e figliuolo devoto a Lui e alla Santa Chiesa di Roma e ai veneratissimi Vescovi che sono col Papa, sino alla consumazione di te stesso, sino alla morte e sentire con Essi e amarli e difenderli come figlio farebbe per difendere suo Padre e, se facessi diversamente, tradiresti al tutto lo spirito della nostra professione…”.(Scritti 32, 1)
Don Orione seppe stare a fianco del Papa e “in ginocchio”, spesso anche fisicamente. Il 28 ottobre del 1939 l’auto di Pio XII, di ritorno da Castel Gandolfo, sostò sulla via Appia, la “Patagonia” che Pio X aveva affidato agli orionini. Don Orione, a pochi mesi dalla morte, si avvicinò e si inginocchiò davanti la porta dell’automobile, circondato dai confratelli e da 1200 alunni dell’Istituto San Filippo. Il Papa si sporse. Don Orione gli prese la mano, la baciò e se la calcò sul capo chinato con gesto umile, riconoscente, credente. Pio XII lo lasciò fare e lo benedisse.
La sera dell’8 marzo 1940, a Tortona nella Casa del Paterno, Don Orione, sebbene molto sofferente per l’aggravarsi della malattia che ne avrebbe stroncato la vita il 12 marzo a Sanremo, diede la “Buona Notte” ai suoi chierici nella piccola cappella della casa. Nel breve colloquio si addensano parecchi temi presenti nella mente e nel cuore del Fondatore: la scelta dei poveri “che sono Gesù Cristo”, i sofferenti, l’abbandono alla volontà di Dio, amare i fratelli polacchi. Su tutto però sovrasta il monito: “Vi raccomando di stare e di vivere sempre umili e piccoli ai piedi della Chiesa, come bambini, con piena adesione di mente, di cuore e di opere, con pieno abbandono ai piedi dei Vescovi, a fortiori si dice del Papa, che è il Vescovo dei Vescovi, il dolce Cristo in terra”. (Parola XII, 133-138)
Il 12 marzo, poche ore prima di morire, inviava un telegramma a Pio XII nel primo anniversario dell’incoronazione papale: “Beatissimo Padre, Figli della Divina Provvidenza di tutti più piccoli, umilissimamente prostrati augusti piedi Vostra Santità, depongono sensi pieni devotissima obbedienza voti fervidissimi e tutto loro amore e vita. Supplicano Iddio ascoltare gemiti Vostro paterno cuore; come già Gregorio Magno veda Vostra Santità Angelo riporre spada et grande divina luce verità nella carità di Cristo, diffondersi dalla tomba dei beati Apostoli su universa terra. Santo Padre, degnateVi benedirci: Sacerdote Orione”.
Don Paolo Clerici