Anime! Anime!
Il desiderio delle anime è una delle più importanti ed evidenti caratteristiche della spiritualità orionina. Don Orione avrebbe voluto salvare tutte le anime che il Signore avesse posto sul suo cammino.
Secondo un conteggio informativo questa espressione, nelle varianti “Anime, Anime”, “Anime e Anime”, compare più di 6.000 volte nel corpus epistolare.
“Non saper vedere e amare nel mondo che le anime dei nostri fratelli!”
E’ del 4 aprile 1897 la lettera indirizzata al futuro Card. Carlo Perosi che gli aveva chiesto confidenzialmente quale progetto di fondazione aveva in testa. Don Orione confida: “Sento un grandissimo bisogno di gettarmi sul cuore del nostro caro Signore Crocifisso e di morire amandolo e piangendo di carità…e abbracciare tutte le anime e salvarle tutte, tutte… Correre per tutta la terra e per tutti i mari e mi pare che la carità immensa di Nostro Signore Gesù darà la vita a tutta la terra e a tutti i mari, e tutti chiameranno Gesù Cristo”[1].
In una lettera del settembre 1898, Don Orione dava informazioni ad un giovane aspirante sulla nascente Congregazione ancora poco nota e così si esprime: “Le mie regole voi non le conoscete, ma voi conoscete la mia vita e il fine per cui lavoro: niente per me, tutto per Dio e la Santa Chiesa Romana, e qualunque sacrificio per farmi santo e salvare e consolare anime di miei fratelli. Un cuore senza confini perché dilatato dalla carità del mio Dio, Gesù Crocifisso”[2].
Suo grido fu “Anime!, Anime![3] Significativo un ricordo dello stesso Don Orione:” Quando, chierico, ero circondato da alcuni ragazzi, si giocava con questi nel cortile dell’Arcipretura. E quando avevamo terminato di giocare avevamo una parola d’ordine che nessuno capiva, neanche il parroco. E la parola d’ordine è rimasta anche nel programma della nostra Congregazione. Era il motto: Anime! Anime! Avete letto più di una volta questo grido nelle intestazioni delle lettere, grido che è tutto un programma. Anime! Anime!”[4].
L’amore per le anime, che “tutte Cristo vuole salve” e per le quali Don Orione chiede “ponimi Signore sulla bocca dell’inferno, perché io, per la misericordia tua, lo chiuda”, lo rivelò nel testo conosciuto con il titolo “Anime! Anime!”. Sono pagine di alta mistica e vibrante lirismo. Racchiudono le linee essenziali del programma spirituale e apostolico di Don Orione espresso con la semplicità e la concretezza del Vangelo:
“Non saper vedere e amare nel mondo
che le anime dei nostri fratelli.
Anime di piccoli,
anime di poveri,
anime di peccatori,
anime di giusti,
anime di traviati,
anime di penitenti,
anime di ribelli alla volontà di Dio,
anime di ribelli alla Santa Chiesa di Cristo,
anime di figli degeneri,
anime di sacerdoti sciagurati e perfidi,
anime sottomesse al dolore,
anime bianche come colombe,
anime semplici pure angeliche di vergini,
anime cadute nella tenebra del senso e nella bassa bestialità della carne,
anime orgogliose del male,
anime avide di potenza e di oro,
anime piene di sé,
anime smarrite che cercano una via,
anime dolenti che cercano un rifugio
o una parola di pietà,
anime urlanti nella disperazione
della condanna
o anime inebriate dalle ebbrezze
della verità vissuta:
tutte sono amate da Cristo,
per tutte Cristo è morto,
tutte Cristo vuole salve
tra le braccia e sul suo cuore trafitto.
La nostra vita e tutta la nostra
Congregazione deve essere
un cantico e insieme
un olocausto di fraternità universale
in Cristo.
Vedere e sentire Cristo nell’uomo.
Dobbiamo avere in noi
la musica profondissima della carità.
Per noi il punto centrale dell’universo
è la Chiesa di Cristo,
e il fulcro del dramma cristiano, l’anima.
Io non sento che una infinita,
divina sinfonia di spiriti,
palpitanti attorno alla Croce,
e la Croce stilla per noi goccia a goccia,
attraverso i secoli,
il sangue divino sparso
per ciascun’anima umana”[5].
Don Orione in questa lunga litania sembra suggerirci di aver incontrato tutte queste tipologie di anime, scoprendo in alcune la bellezza spirituale ed in altre la umana miseria. Rivela una sintonia con il cuore misericordioso di Gesù la cui sete di anime in croce è anche la sua stessa sete, perché vuole che tutte siano salve, tutte sono da riportare a Cristo nella Chiesa: “Dalla croce Cristo grida: sitio! Terribile grido di arsura, che non è della carne, ma è grido di sete d’anime, ed è per questa sete delle anime che Cristo muore”[6].
Don Orione ha vissuto il suo sacerdozio avendo gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: una carità grande per tutti fino all’olocausto della vita: “La perfetta letizia non può essere che nella perfetta dedizione di sé a Dio e agli uomini, a tutti gli uomini, ai più miseri come ai più fisicamente e moralmente deformi, ai più colpevoli, ai più avversi”[7].
Questo amore per le anime è confermato da numerose testimonianze raccolte nel corso del Processo Apostolico di Tortona,[8] ne riportiamo solo alcune:
“La salute delle anime è stata l’ansia del cuore di Don Orione. L’espressione: “Anime, Anime! che ricorre in testa alle sue lettere, dice chiaramente il suo anelito per il bene spirituale e la salvezza delle anime” (Testimonianza di Don Giuseppe Dutto).
“In cima ad ogni suo lavoro era la salvezza delle anime: in testa ad ogni suo scritto era sempre il sospiro della sua anima: Anime, Anime!: le opere di assistenza corporale erano sempre indirizzate ad un solo fine: la salvezza dell’anima” (Testimonianza, Cribellati).
“Lo stesso motto: Anime, Anime! che Egli metteva in testa ai suoi scritti, non era solo una frase, ma era l’indice del completo sacrificio della sua vita sacerdotale spesa per la salvezza delle anime” (Testimonianza, Sterpi).
Don Orione sente un amore sviscerato che è amore di misericordia per tutte le anime, vuole abbracciarle tutte; vuole che nessuna si perda fino ad offrire sé stesso come vittima:
“Ponimi, Signore, sulla bocca dell’inferno,
perché io, per la misericordia tua, la chiuda.
Che il mio segreto martirio
per la salvezza delle anime,
di tutte le anime,
sia il mio paradiso
e la suprema mia beatitudine.
Amore delle anime, anime, anime, anime!
Scriverò la mia vita
con le lacrime e con il sangue”[9].
Nel commentare questo stupendo brano, Gaetano Piccinini parla di “un mistero d’amore”[10], altri definiscono quelle provocanti parole “frasi roventi e incandescenti”[11], “parole infuocate e degne dei più alti mistici”[12], “una pagina tra le più belle, se non la più bella”[13], “fiamma di apostolico olocausto”[14].
Nella sua ansia apostolica era particolarmente proteso verso i fratelli più lontani e più spiritualmente bisognosi. Una volta disse ad uno dei suoi sacerdoti di Venezia: “Caccerei le mani nell’inferno per riscattare delle anime”[15]. Analoga espressione ritroviamo nella testimonianza di Don Giuseppe Zambarbieri resa nel corso del processo di beatificazione, secondo il quale, un giorno Don Orione, parlando della sua sollecitudine per i fratelli perduti e abbandonati, ebbe a dire: “Se il Signore mi permettesse di andare all’inferno, in un soffio d’amore e di carità, vorrei cavarli anche di là”[16].
Il suo amore per la salvezza delle anime e di tutte le anime è svelato nel “desiderio” espresso il giorno della sua prima S. Messa celebrata il 14 aprile 1895. “È stato nella sua prima Messa – scrive Don Sterpi- che Don Orione ha chiesto la grazia della salvezza per tutte le anime che avrebbe incontrato sul suo cammino”[17]. Così attesta il conte Agostino Ravano, insigne benefattore genovese che ebbe una lunga e intima amicizia con Don Orione: “Mi raccontava il Servo di Dio che, il giorno della sua Ordinazione sacerdotale, egli aveva domandato al Signore di salvare il numero più grande possibile di anime, anzi le anime di tutti quelli coi quali avrebbe parlato, trattato o incontrato, anche per la strada. E che il Signore gli aveva fatto conoscere che la grazia gli era stata concessa”[18]. Il confidente Ing. Paolo Marengo dichiara: “Come grazia particolare, durante la celebrazione della prima Messa, Don Orione aveva domandato a Dio la salvezza delle anime di tutti coloro che, per qualsiasi titolo, avessero attirato, anche per un solo istante, la sua attenzione anche su quanti si fosse posato, in qualche modo, il suo pensiero, tutti fossero salvi…”[19].
La grazia chiesta da Don Orione in occasione della sua prima Messa pone al centro della sua spiritualità e del suo apostolato la sete del Cristo per le anime, in una prospettiva cristologica e insieme soteriologica.
La sua richiesta non fu dettata dall’entusiasmo. Egli pagò di persona immolandosi per le anime durante tutta la vita. Era quanto riconfermò nella lettera del 26 giugno 1922 scritta durante il viaggio di ritorno dall’America latina: “Fa, o mio Dio, che tutta la mia vita sia un olocausto, sia un inno, un cantico sublime di divina carità e di consumazione totale nell’amore a Te, o Signore”[20].
Don Orione vive il suo sacerdozio come sacramento di misericordia: la sua opzione preferenziale sono i più lontani da Dio, modellando il suo ministero sacerdotale sulla parabola del Buon Pastore. Questo rivela in un suo scritto: “Fine del sacerdozio è di salvare le anime e di correre dietro, specialmente, a quelle che, allontanandosi da Dio, si vanno perdendo. Ad esse devo una preferenza, non di tenerezza, ma di paterno conforto e di aiuto al loro ritorno, lasciando, se necessario, le altre anime meno bisognose di assistenza. Gesù non viene per i giusti, ma per i peccatori. Preservatemi, dunque, o mio Dio, dalla funesta illusione, dal diabolico inganno che io prete debba occuparmi solo di chi viene in chiesa e ai sacramenti… Solo quando sarò spossato e tre volte morto nel correre dietro ai peccatori, solo allora potrò cercare qualche po’ di riposo presso i giusti. Che io non dimentichi mai che il ministero a me affidato è un ministero di misericordia, e usi coi miei fratelli peccatori un po’ di quella carità infaticabile che tante volte usate verso l’anima mia, o gran Dio…”[21].
Fine del suo sacerdozio è di essere ministro di misericordia, specialmente come Gesù verso i peccatori. San Cassiano ricordava che un segnale che un’anima è stata purificata con il fuoco divino, è la capacità di aver compassione dei peccatori.
“Cercava di avvicinare chiunque fosse nel bisogno, – ricorda una testimonianza – trasfondendo in essi quel sentirsi abbandonati nell’abbraccio misericordioso di Dio ed adoperare tutto ciò che potesse meritare come strumento di bene, per la gloria di Dio, cioè la salvezza delle anime” (Testimonianza Cribellati).
Il tratto di Buon Pastore Don Orione lo ha sempre avuto, non solo nell’esercizio sacerdotale improntato ad amministrare la Grazia sacramentale del perdono, ma anche nell’infondere nei cuori travagliati e affranti la certezza e la dolcezza dell’amore di Dio. Riporto a riguardo ancora una testimonianza: “Viscere di carità Don Orione ebbe per i peccatori, presso molti dei quali gravemente ammalati è stato chiamato. Si sarebbe detto che egli aveva un dono particolare per giungere al cuore anche dei più induriti. Non vi era difficoltà o sacrificio che lo trattenesse quando si trattava di ricondurre un’anima a Dio” (Testimonianza Bariani).
Lo zelo apostolico di Don Orione per i più lontani lo rivela il suo continuo “correre” pur di arrivare a tutti e a tutti portare quell’amore di Dio che ha la sua sorgente nel “cuore” e nelle “viscere materne” di Dio stesso. Valga ancora una testimonianza della Positio: “Don Orione esercitò le opere di misericordia spirituali in grado veramente eroico. Lo zelo per la salute delle anime lo divorava veramente: le parole Anime Anime! con cui iniziava le sue lettere, esprimono anche l’ansia del suo cuore e il programma che si era proposto raggiungere con il suo ministero sacerdotale” (Testimonianza Suor Maria Rosaria).
Questa dimensione oblativa, nel solco dell’offerta sacrificale per la salvezza delle anime, si trova in significativi contesti della vita di Don Orione, si riscontra anche nella numerosa corrispondenza, e a partire addirittura dall’intestazione: è noto infatti che Don Orione apponeva all’inizio delle sue lettere il motto programmatico “Anime! Anime!”, con il quale egli intendeva caratterizzare il suo dire e agire e quello dei suoi religiosi e collaboratori laici. In data 23 dicembre 1911 scrive al Papa notificando il suo desiderio vicario per la salvezza delle anime: “…Supplico la Santità Vostra di non rifiutare l’umile offerta, poiché, colla grazia di Dio, spero di corrispondere con più amore in avvenire, e di consumarmi tutto a servire il Signore e la S. Chiesa con vera umiltà e fedeltà, e a salvare anime, e a darVi delle consolazioni”[22].
Risale al gennaio 1939 un’altra stupenda pagina orionina, conosciuta con il titolo di “Servire negli uomini il Figlio dell’uomo”, dove con parole dense e ardenti, dirette e sincere Don Orione ripropone il tema dell’offerta vicaria, ma sul finire esso raggiunge il suo vertice mistico e poetico: “…Salvare sempre, salvare tutti, salvare a costo di ogni sacrificio, con passione redentrice, con olocausto redentore. Noi siamo inebriati della carità e i pazzi della Croce di Cristo Crocifisso. Soprattutto, con una vita umile, santa, piena di bene, ammaestrare i piccoli e i poveri, a seguire la via di Dio. Vivere in una sfera luminosa, inebriati di luce e di divino amore di Cristo e dei poveri, e di celeste rugiada, come l’allodola che sale cantando nel sole. La nostra mensa sia come un’antica agape cristiana. Anime! Anime! Avere un grande cuore e la divina follia delle anime”[23].
Don Paolo Clerici
[1] Scritti 115, 142; 110, 149.
[2] Scritti 102, 32.
[3] Questa espressione la troviamo, scritta dal giovane chierico Orione, sui vetri della porta dell’economato del seminario, ora custodita nella cameretta di Don Orione al “Paterno” di Tortona.
[4] Parola XII, 119.
[5] Scritti 57, 103-104.
[6] Scritti 57, 103-104.
[7] Cfr. Fil 2,5.
[8] vol. II, Piccola Opera della Divina Provvidenza, Roma 1976.
[9] Scritti 57, 103-104; cfr. A. Belano, Sulla bocca dell’inferno. Sostituzione ed espiazione vicaria in S. Luigi Orione, in Rivista di Ascetica e Mistica, 2003, n. 4, pp. 737-777.
[10] Positio, Testimonianza Piccinini, § 1461.
[11] G, De Luca, Una pagina rivelatrice di Don Orione, in “Nuova Antologia”, marzo 1943, p. 13.
[12] D. Mondrone, Don Orione ha avuto il suo biografo, in “L’Osservatore Romano”, mercoledì 23 ottobre, p.7; giovedì 24 ottobre 1974, p.7.
[13] Positio, Testimonianza Giovanni Venturelli, § 2821.
[14] A. Gemma, Don Orione. Un cuore senza confini, Barbati-Orione Editrice, Seregno 1990, p.127.
[15] Riportato in Douglas Hyde, Il bandito di Dio. Storia di Don Orione, “Padre dei poveri”, Paoline, Bari 1960, p. 115.
[16] Positio, Testimonianza Giuseppe Zambarbieri, § 1978.
[17] Archivio Generale Opera Don Orione (ADO), Posizione Sterpi, I a (lettera del 15 novembre 1950).
[18] ADO, Posizione Ravano, IV, 14.
[19] ADO, Miscellanea, A.7, p. 348.
[20] Lettere I, p. 425.
[21] Scritti 99, 36a.
[22] Scritti 127, 123.
[23] Il testo è riportato in Lo spirito di Don Orione. Dai suoi scritti, dalla sua parola, presentato ai suoi religiosi, vol. I, Piccola Opera della Divina Provvidenza, Roma-Tortona 1989, pp. 89-91; In cammino con Don Orione. Dalle lettere, Piccola Opera della Divina Provvidenza, Roma 1972, pp. 324-327; Sui passi di Don Orione. Sussidio per la formazione al carisma, Dehoniane, Bologna 1996, pp. 313-314. L’unico studio su questo brano è il commento di Padre Pio Mogni, Servire negli uomini il Figlio dell’uomo, Messaggi di Don Orione (1974) n. 21.