Coniugi Martin: il Buon Dio mi ha dato un padre e una madre più degni del cielo che della terra

I CONIUGI MARTIN:

BEATIFICATI il 19 ottobre 2008 a Lisieux, CANONIZZATI il 18 ottobre 2015 sono stati genitori secondo il Cuore di Dio: Ambedue avrebbero desiderato consacrarsi al Signore;  ma un giorno Zélie passò sul ponte Saint Leonard, ad Alençon e incrociò un giovane uomo la cui nobile fisionomia, l’atteggiamento pieno di dignità, la impressionarono.

Una voce interiore le mormorò in segreto:                                                            «É QUEST’UOMO CHE HO PREPARATO PER TE».

  • PUREZZA FECONDA…

A mezzanotte del 13 luglio 1858 si  sposarono nella chiesa di Notre Dame, in Alençon.                                                                          La delicatezza d’animo di Louis, la formazione religiosa d’impronta rigorista di Zélie e il loro breve fidanzamento di pochi mesi fecero sì che il matrimonio non venisse consumato. Tuttavia, con l’aiuto di un padre spirituale, i due sposi maturarono un diverso atteggiamento:                                                           la verginità venne integrata in un giusto orientamento del sacramento del matrimonio, che ha per suo specifico fine la procreazione. Nasceranno ben nove figli. Scriverà Zélie «[…] quando abbiamo avuto i nostri figlioli, le nostre idee sono un po’ cambiate: non vivevamo più che per loro, questi erano la nostra felicità e non l’abbiamo mai trovata se non in loro. Insomma, tutto ci riusciva facilissimo, il mondo non ci era di peso».
DIO IL PRIMO SERVITO:                                                                   Dio, nel focolare dei Martin, sarà sempre «il primo servito», secondo la massima di S. Giovanna d’Arco – la Santa Messa e la preghiera erano la fonte della loro esistenza.   Nella loro dimora la madre era madre e il padre era padre e proprio per tale ragione l’armonia regnava sovrana. Zélie era una mamma tenerissima; «è un lavoro così dolce occuparsi dei propri bambini!», così i figli sentivano che erano stati desiderati e che i genitori vivevano per loro: far piacere a Gesù e far piacere ai genitori divenne un’unica realtà.   

  • PIENO ABBANDONO ALLA DIVINA PROVVIDENZA, ecco che, nonostante lo straziante dolore per la perdita di ben quattro figli, essi non cadranno nella disperazione. In un tempo in cui l’aborto volontario è diventato ordinaria consuetudine,  le parole di Zélie percuotono la coscienza; scriveva, infatti, ad una cognata reduce da un aborto spontaneo: «Che il buon Dio vi accordi la rassegnazione alla sua santa volontà. Il vostro caro piccolo bambino è presso di Lui; vi vede, vi ama, e voi lo ritroverete un giorno. È una grande consolazione che io ho provato e che provo ancora. Quando ho chiuso gli occhi ai miei cari piccoli bambini e li ho seppelliti, ho provato un grande dolore, a cui mi sono tuttavia rassegnata. Non rimpiangevo le pene e le preoccupazioni che avevo dovuto patire per loro.                                                                Molti mi dicevano: “Sarebbe stato meglio non averli mai avuti”. Non potevo sopportare questo linguaggio. Non trovavo affatto che le pene e le preoccupazioni potessero essere messi sulla bilancia con la felicità eterna dei miei figli. Inoltre, essi non erano perduti per sempre, la vita è corta e piena di miserie, li si troverà lassù.                                                                                         È soprattutto alla morte del primo che ho sentito vivamente la felicità di avere un figlio in Cielo. Perché il buon Dio mi ha provato in modo sensibile che aveva gradito il mio sacrificio. Io ho ottenuto, con la mediazione di questo piccolo angelo, una grazia molto straordinaria […]. Vedete, cara sorella, che è un grande bene avere dei piccoli angeli in Cielo, ma non è meno penoso per la natura perderli, sono queste le grandi pene della nostra vita» (Lettera del 17 ottobre 1871).
    Ogni giorno veniva offerto al Signore con questa preghiera:                 «Mio Dio, vi dono il mio cuore, prendetelo, se vi piace, così che nessuna creatura possa possederlo, ma Voi solo, mio buon Gesù».                                                                                                      – Il forte spirito di preghiera dei Martin,                                                   che lavoravano in perfetta unità per orientare le figlie sopravvissute, non vietava loro di offrire a tutte una vita equilibrata e in relazione con il mondo. Louis con il suo laboratorio di orologiaio, con annessa gioielleria, Zélie con la sua azienda di merletti (era diventata abilissima nel famoso Point d’Alençon) assicuravano alla famiglia una certa agiatezza, che però non ledeva la sobrietà, offrendo, nel contempo, la possibilità di esercitare la carità.
  • Come si deduce dalla dichiarazione delle figlie al processo di beatificazione di Teresina del Bambino Gesù:  «La nostra mamma vigilava con grande attenzione sull’anima delle sue bambine e la più piccola                                               mancanza non era lasciata senza rimprovero.                                                           Era un’educazione buona e affettuosa,                                                             ma oculata e accurata».
  • MEZZI SPIRITUALI:                                                                      Confessione frequente, adorazioni notturne, attività parrocchiali, esami di coscienza sulle ginocchia della mamma e il catechismo imparato in braccio al papà permisero un’educazione sana, in perfetta armonia, e le figlie non videro miglior futuro che quello di porsi al servizio della Chiesa.
    Zélie morirà di cancro a 45 anni, dopo 19 di matrimonio e con l’ultima nata di appena 4 anni (Teresina). Louis morirà a 71 anni dopo un umiliante declino, causato dall’arteriosclerosi e da una progressiva paralisi, avendo prima, comunque, la gioia di donare tutte le cinque figlie al Signore: quattro nel Carmelo di Lisieux e una fra le Visitandine di Caen.
    Amante del silenzio e della contemplazione, Louis Martin ha lasciato soltanto sedici lettere, ma assai preziose per comprendere la sua personalità. Egli fu per Zélie un meraviglioso consolatore ed un eccezionale sostegno. Le scriveva l’8 ottobre 1863, in occasione di un viaggio d’affari a Parigi: «non potrò arrivare ad Alençon che lunedì; il tempo mi sembra lungo e non vedo l’ora di essere vicino a te». Era sempre attento a non vederla troppo affaticata e le raccomandava la calma e la moderazione nel lavoro.
    Quando resterà vedovo a 54 anni, nel 1877, manterrà lo stesso obiettivo: rimase interamente consacrato alla felicità eterna delle sue figlie, di cui curava l’educazione in continuità con la madre scomparsa, con lo scopo di «allevarle tutte per il Cielo».  Pretendeva l’ordine e la pulizia in tutto e si mostrava dispiaciuto quando, per distrazione o negligenza, si sprecava, si perdevano le cose, si deteriorava qualcosa…                                         Testimonierà la figlia, suor Genoveffa:                                                           «Noi non avevamo che una domestica, ma era lui che faceva il lavoro grosso». Giocava con le figlie, le portava in pellegrinaggio, in vacanza e organizzava viaggi insieme a loro…                                                   le ragazze Martin vissero in una famiglia dove era stata innalzata la Croce di Cristo.
  • I FRUTTI DI UNA VITA SANTA:

Teresa, morta nel 1897 e proclamata santa nel 1925, che non ha mai avuto coscienza di essere santa, ma sempre ha detto di essere “figlia di santi”, dice spesso: “Il Signore mi ha dato due genitori più degni del cielo che della terra”.  Lei, cui la Chiesa riconosce il merito di aver indicato la “piccola via” per raggiungere la santità, confessa candidamente di aver imparato la spiritualità del suo “sentierino” sulle ginocchia di mamma. “Pensando a papà penso naturalmente al buon Dio”, sussurra, mentre alle consorelle confida:                                          “Non avevo che da guardare mio papà per sapere come pregano i santi”.

Ora è la Chiesa a “mettere le firma” sulla santità raggiunta da questa coppia: NON “MALGRADO IL MATRIMONIO”, MA PROPRIO “GRAZIE AL MATRIMONIO
L’affronto del dolore e delle difficoltà è peraltro uno degli aspetti che rende moderna questa coppia di 150 anni fa:

Modello di fedeltà e di amore sincero e profondo l’uno verso l’altro, hanno vissuto pienamente il sacramento matrimoniale, trasmettendo inevitabilmente alle figlie il loro amore a Gesù e alla sua Chiesa, dall’ardore nella preghiera allo spirito missionario ed apostolico, dalla vita dei sacramenti all’educazione alla libertà.
Ed ancora i coniugi Martin sono per noi esempio di quell’Amore che scaturisce dal riconoscersi ciascun per l’altro segno, dentro ogni espressione della vita, dell’infinito Amore di Dio,                            “dono attraverso cui Cristo ti chiama a partecipare del suo essere Amore, e del suo Amore che salva, perdona e rigenera sempre”

          d.alesiani@virgilio.it   www.sanbiagiofano.it