Dio si è ricordato di Giobbe
L’11 Febbraio 2014 si celebra la XXII Giornata del Malato.
Così si rivolge subito all’inizio del suo messaggio Papa Francesco ai malati:
Cari fratelli e sorelle, In occasione della XXII Giornata Mondiale del Malato, che quest’anno ha come tema Fede e carità: «Anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1 Gv 3,16), mi rivolgo in modo particolare alle persone ammalate e a tutti coloro che prestano loro assistenza e cura. La Chiesa riconosce in voi, cari ammalati, una speciale presenza di Cristo sofferente. E’ così: accanto, anzi, dentro la nostra sofferenza c’è quella di Gesù, che ne porta insieme a noi il peso e ne rivela il senso. Quando il Figlio di Dio è salito sulla croce ha distrutto la solitudine della sofferenza e ne ha illuminato l’oscurità. Siamo posti in tal modo dinanzi al mistero dell’amore di Dio per noi, che ci infonde speranza e coraggio: speranza, perché nel disegno d’amore di Dio anche la notte del dolore si apre alla luce pasquale; e coraggio, per affrontare ogni avversità in sua compagnia, uniti a Lui.
A me viene in mente una scena del Vangelo di Marco, quella che gli studiosi definiscono un po’ la giornata tipo di Gesù, con i malati di ogni genere che implorando di essere guariti lo assediano dalla mattina presto fino alla sera tanto che egli non ha il tempo di pregare e mangiare.
Quello che emerge subito e ci colpisce è questa visione di umanità quasi esclusivamente sofferente che cerca Gesù, non gente sana e virtuosa al solito ma malati e peccatori. Tutti lo cercano perché hanno bisogno di aiuto, come capita spesso anche a noi nella preghiera quando ci rivolgiamo a Dio perché ci aiuti in quella particolare difficoltà.
Per prima cosa dobbiamo prendere atto che la sofferenza e la malattia fanno parte della vita umana. La vita è un mistero, un misto di bene e di male, è fatta di momenti belli e momenti di grande tribolazione.
Possiamo anche fare opera di rimozione come fa una esasperata pubblicità tutta impostata sulla forza, sul benessere, la salute, la giovinezza, per cui vale solo se si vive bene, senza i traumi della vecchiaia e della malattia, se no meglio morire. Così è una certa mentalità che si propone oggi, ma non cambia la realtà e la complessità dell’esistenza umana.
Sono questi i problemi che accompagnano l’uomo da sempre. Da sempre l’esistenza umana, per dirla con le parole di Giobbe, è segnata dalla sventura. Un soffio è la mia vita, dice. Giobbe non sa rispondere perché le cose stiano così, e anche noi non sappiamo rispondere. Tuttavia Giobbe non cade nei giudizi facili, immediati e superficiali, come fanno gli amici che vanno a trovarlo. Se sei nel bisogno e nel dolore, gli dicono, è perché Dio ti ha punito per il tuo peccato. Giobbe non si sente autorizzato a dare giudizi su Dio nè a imprecare contro Dio. Non Cade neanche nell’ateismo, ma rivolge a Dio l’unica preghiera possibile: “ricordati”, dice, ricordati del tuo servo, non sa dire altro. Sceglie l’atteggiamento più saggio: fidarsi di Dio.
GM