Don Ferdinando Dall’Ovo

A cinque anni dalla morte, avvenuta a Genova il 5 giugno 2013, desideriamo ricordarlo con lo stesso affetto da lui riservato agli ospiti del Paverano durante i quindici anni trascorsi con loro. Fu un padre, un amico dal vocione grosso, capace di raggiungere tutti e confortare. Gli incarichi sostenuti di seguito (vicario, economo, consigliere e cappellano) non offuscarono il desiderio di esprimere il meglio nei rapporti umani, confortati da consigli pratici e personali di cui era generoso. Aveva una verve umoristica particolare, da scena. Accompagnando una cinquantina di volontari in gita nella “sua” città, Parma, si fermò a parlare con un residente. Il linguaggio usato, più prossimo al dialetto che all’italiano, era difficile da capire. Aumentando il volume del “qualcosa” prossimo alla discussione ed avvicinandosi altri residenti, qualcuno di noi si mise in allerta, confortata quasi subito dall’enorme risata dei “commedianti”.

Nella sua memoria ricorreva sovente l’accoglienza riservatagli da Don Orione, ragazzino undicenne, all’inizio del cammino verso il sacerdozio. “Mi guardò con occhi contenti – diceva – e poi mi accompagnò personalmente a San Bernardino …”. Esempio che, coi propri mezzi, ha cercato d’imitare. Naturalmente, ricorda Don Aldo Viti, suo compagno, con la schiettezza che gli era propria. A Villa Moffa, oltre a studiare, ognuno svolgeva un particolare compito teso a sfamare tutta la comunità. Lui faceva volentieri i lavori agricoli. Un giorno vide Don Sterpi e, gridando in modo da farsi sentire, gli indirizzò il proprio messaggio impellente: “Padre, abbiamo fame”. Quel padre, sul quale ormai pesava tutta la congregazione, comprese la giusta recriminazione del chierico, ma dovette relegarla, con innegabile sofferenza, fra le cose impossibili. Chissà se avrà avuto da dare qualche consiglio pertinente pure al buon Dio, presso il quale lo immaginiamo.