Fare la volontà di Dio
Don Orione l’aveva quasi profetizzato e si era augurato che la sua ancor giovane congregazione venisse fecondata dalla testimonianza e dal sacrificio di martiri; certamente non poteva prevedere che questo suo desiderio si sarebbe attuato tanto presto. Il primo martire degli Orionini, riconosciuto tale dalla Chiesa, arriva appena due anni dopo la morte del nostro Fondatore.
La Casa di Quarto Castagna lo ricorda il prossimo 12 giugno.
Ripercorriamo insieme la sua breve ma commovente vita.
Donare la vita per amore dei fratelli si può solo se si ha una fede che va al di là dei propri confini umani e scavalca i propri limiti, anche davanti ad un’estrema sofferenza. È il caso del Beato Francesco Drzewiecki.
Egli nacque il 26 febbraio 1908, in Polonia, a Zduny. Da adolescente, la vita religiosa e sacerdotale da cui si sente attratto, lo portò ad entrare nella Piccola Opera della Divina Provvidenza di San Luigi Orione. Così entrò nel seminario di Zdunska Wola e, successivamente, agli inizi degli anni trenta, venne trasferito in Italia nella Casa Madre di Tortona per il noviziato e per completare gli studi. Il 6 giugno 1936 venne ordinato sacerdote. I suoi primi passi sacerdotali si incrociarono con il Piccolo Cottolengo Genovese e in particolare con la nuova opera orionina che stava sviluppandosi a Quarto Castagna. Qui il giovane sacerdote Francesco cura la formazione di alcuni chierici, che vennero educati alla carità attraverso la preghiera, il lavoro manuale per l’ampliamento della struttura medesima, al servizio ai bisognosi del Cottolengo e ad una vita fraterna e allo stesso tempo austera. I ragazzi a lui affidati, ebbero molta stima e diedero affetto a quest’anima sacerdotale venuta da lontano.
Dalle testimonianze di quell’epoca si descrive Don Francesco come una persona calma, con piena padronanza di sè, gentile, riservato, amante dell’ordine e della pulizia, vigilante come un padre che dava sicurezza e che sapeva essere serio o giocoso con chi gli era stato affidato. Inoltre, curava con attenzione la preghiera e la Cappella in cui essa si svolgeva, rendendola sempre decorosa e accogliente. Francesco era anche un esempio di povertà: aveva una sola veste che faceva curare dalle suore. Ad un suo confratello, nel 1937 scrive “Mi trovo sempre qua, a Genova Castagna. Di lavoro ne ho fin sopra i capelli, perché quest’anno, in particolare, la famiglia del Cottolengo è aumentata. Sono molto contento di trovarmi in questo ambiente dove si fa la volontà di Dio” (lettera del 7.2.1937). Gioiva per piccole cose, come l’arrivo di una cartolina dalla Polonia da parte di Don Sterpi, il pellegrinaggio al Santuario della Guardia in Tortona, un incontro pieno di affetto con Don Orione alla stazione di Genova Brignole. Sicuramente ,Francesco, visse quei primi anni della nascità del Piccolo Cottolengo Genovese con intima carità, estrema generosità ed offerta di sè stesso a Dio.
Nel 1937 ritornò in patria, dove lo attese un’intensa attività educativa e pastorale, che svolse con generosità e dedizione: fece prima l’educatore nel colleggio di Zdunska Wola, poi, fu destinato alla Parrocchia del Sacro Cuore e al Piccolo Cottolengo di Wloclaweck dove giunse a Luglio del medesimo anno. Francesco descrisse così il suo primo perido in quei luoghi: “Sono arrivato a Wloclawek nei primi di luglio del 1939. Ho trovato Don Florczak (….) C’era lì anche Don Burzyinski come vicario. Mi trovai bene (…) specialmente in compagnia del Canonico Nowicki, bravo sacerdote che dimorava al Cottolengo. (….) Io intanto mi accingevo al lavoro. Le prediche che dovevo fare nelle feste e nelle domeniche, due o tre. Le Messe nei giorni feriali le dicevo nella cappella delle suore Niepokalanki (…). Ordinariamente (…) qualche battesimo o qualche malato da visitare (…) nelle domeniche bisognava stare nel confessionale lunghe ore (…) mi sentivo stanco ma allegro perché ho potuto fare qualche cosa per le anime e per la gloria di Dio: lavoravo sempre volentieri tutto per Iddio. Pensavo e ripensavo ai poveri della parrocchia, specialmente a quelli di Grzywno, per portare loro almeno una parola di conforto. Quando tornavo da Grzywno, piangevo per la strada e pregavo il Signore”.
Quando il primo settembre 1939 la Polonia venne invasa a Ovest dai Tedeschi e a Est dai Russi, Francesco finì nelle mani del Regime Nazista che cominciò una feroce persecuzione nei confronti del Clero Cattolico Polacco. Il 7 novembre di quel 1939, Don Drzewiecki e quasi tutto il Clero della diocesi di Wloclawek, compresi i seminaristi e il Vescovo Mons. M. Kozal, furono arrestati e tradotti in carcere. Iniziò per Don Francesco una lunga via crucis di umiliazioni e di sofferenze: Wloclawek, Lad, Szczyglin, Sachsenhausen e infine Dachau, ove giunse il 14 dicembre 1940. Anche di quel periodo così buio ci giunsero testimonianze che descrivono la grandezza della sua Fede e della sua Carità: “Al campo di concentramentodon Drzewiecki era stato destinato alle piantagioni. Doveva fare lunghe ed estenuanti marce di trasferimento a piedi, lavora sotto sole, pioggia, vento, mentre erano piegati sul campo di lavoro, tenevano davanti, a turno, la scatoletta dell’Eucarestia e facevano adorazione. Mi incoraggiava a essere fedele alla vocazione, a resistere, a pensare al futuro”. (Don Kubicki). E ancora: “Uomo entusiasta, sacerdote buono, uomo di pietà in senso stretto, amico premuroso, sereno, umile (ma nell’umiltà nascondeva la sua grandezza), uomo che non si lamentava mai, che nell’umiliazione si comportava da eroe e che mai si è espresso negativamente dei persecutori. È un vero martire.” (Mons. Bronislaw Dabrowski)
Drzewiecki, per quel lavoro duro nei campi, si indebolì e si ammalò gravemente; fu portato in infermeria dove purtroppo la commissione del campo decise di eliminarlo perché invalido al lavoro. Ecco cosa ricorda di quella partenza Don Jozef Kubicki: “Era mattino presto. Avevo finito il turno notturno di lavoro. Nella strada principale avevano condotto gli invalidi per preparare il carico dell’invalidentrasport. Don Francesco, pur sapendo di rischiare, attraversò la strada e mi venne a dare l’addio con Don Victor Rysztok. Ha bussato alla finestra e io sono saltato su dal giaciglio, mi sono avvicinato alla finestra. Don Drzewiecki mi disse: Giuseppino, addio! Partiamo. (…) non ti dar pena. Noi, oggi, tu domani (…)”.
Le sue ultime parole, accompagnate da un sorriso, che un chierico orionino raccoglie dalle sue labbra prima della partenza e che fanno, della sua, non una morte subita, ma un’offerta deliberatamente e coscientemente compiuta, sono state “Noi andiamo ma offriremo come Polacchi la nostra vita per Dio, per la Chiesa e per la Patria”.
Don Drzewiecki era “pronto a dare la vita per le sue pecore” (Gv 10,11) ,per quelle persone che aveva incontrato nei suoi anni di sacerdozio e che aveva deciso di servire e amare in nome di Cristo . Il 10 agosto 1942, all’età di soli 34 anni, fu portato per l’eliminazione con il gas al Castello di Hartheim, nei pressi di Linz.
Nel 1999 è stato beatificato da Giovanni Pao-lo II insieme ad altri martiri polacchi della chiesa cattolica. La sua data di culto è il 10 agosto, mentre la Piccola Opera della Divina Provvidenza lo ricorda il 12 giugno.
Per noi tutti del Piccolo Cottolengo Genovese, in particolare nell’Istituto di Quarto Castagna, sappiamo che in Don Francesco abbiamo un grande intercessore, insieme al nostro fondatore don Orione, presso Gesù Cristo per le nostre preghiere.
Don Ivan Concolato