Formazione carismatica per gli operatori delle Case del Piccolo Cottolengo genovese

FARSI PROSSIMO: IL TALENTO DEL SERVIRE. INCONTRO CON DON FAUSTO BRIONI
Seconda tappa genovese per l’anno di formazione carismatica inaugurato, lo scorso 25 settembre al Paverano, dal Direttore Provinciale don Aurelio Fusi. Il tema indicato da Don Aurelio per l’anno 2017/18, «Guardiamo il futuro con concretezza e ottimismo: le opere di misericordia», è stato declinato da Don Fausto Brioni in un incontro con il personale delle Case genovesi, centrato sulla parabola dei talenti (Mt 25, 14-30) e sulla parabola del buon samaritano (Lc 10, 25-37).
Il sacerdote chiavarese (Parroco di San Giacomo di Rupinaro a Chiavari e Direttore di Telepace) ha incontrato nel mese di ottobre gli operatori delle Case di Genova del Piccolo Cottolengo (12 ottobre: Paverano, Von Pauer, Boggiano Pico e Molassana; 18 ottobre: Camaldoli; 19 ottobre: Castagna).
“Da dove è partito Don Orione in tutto quello che ha fatto nella sua vita?, ha domandato don Fausto dialogando con gli operatori”. Dal Vangelo, Don Orione aveva gli occhi del Vangelo, ha fatto quello che ha fatto perché vedeva il mondo con gli occhi del Vangelo. E anche a noi fa bene questo, anche noi per andare a lavorare il lunedì con concretezza ed ottimismo abbiamo bisogno di avere questi occhi, di avere queste motivazioni”.
Entrando nello specifico della parabola dei talenti, Don Fausto ha detto che i talenti di cui Gesù parla nella parabola non sono tanto e soltanto alcune particolari abilità umane: “essi sono i beni di Dio, i beni che gli appartengono, i beni che Dio ci ha dato. Questi beni propriamente di Dio li abbiamo ricevuti nel Battesimo, sono la Fede, la Speranza e la Carità. E ce ne accorgiamo quando una persona a noi vicina ha questi talenti (e come se ce ne accorgiamo!), quando una persona nel luogo di lavoro è agli occhi di tutti una persona di fiducia, o una persona capace di infondere speranza o una persona di vera carità. Abbiamo bisogno di stare vicini a queste persone, si sta bene con loro, così come in certi luoghi come Assisi o Medjugorje si sta bene, ci si dice “c’è qualcosa qui che dà pace, che ispira la preghiera!”.
I talenti – ha proseguito don Fausto – bisogna non sotterrarli, bisogna viverli, rischiarli, non puoi dire a tua moglie o a tuo figlio «per una settimana mi prendo una pausa, ne ho bisogno, non ti amo…ma solo per questa settimana! ». I doni di Dio non puoi conservarli, devi usarli sempre, non puoi congelarli e usarli dopo. Sono sempre per il qui ed ora. Se non li usi, se non li rischi, li perdi”. Don Fausto ha individuato poi nella neutralità il principio di sotterramento dei talenti. Il contrario della neutralità è il partecipare, “partecipare con amore alla vita dell’altro e alla croce dell’altro, come fate voi ogni giorno qui con la vostra presenza, la vostra relazione, il vostro lavoro. Chi invece fa il neutrale seppellisce i talenti. Ma non si può essere neutrali sulle cose che contano, voi qui con le persone che assistete e che hanno bisogno, come potreste essere neutrali?”.
Entrando poi nello specifico della parabola del buon samaritano, Don Fausto ha osservato che la domanda posta a Gesù, “Chi è il mio prossimo?”, rischia di essere la tipica domanda di chi pur sapendo benissimo la risposta vuole buttarla sull’intellettuale. La vera domanda non è “Chi è il mio prossimo?”, la vera domanda è “chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?”. E’ in base al punto di vista del bisognoso, del sofferente, che si individua chi è il prossimo e il prossimo è chi ne ha avuto compassione, relazionalmente e concretamente. “Concretamente vuol dire amare pur con il poco che siamo e che abbiamo…ma con tutto quel poco: tutto! Per il samaritano il poco era rappresentato da un po’ di vino, un po’ d’olio, il trasporto fino alla locanda, il denaro lasciato all’oste… Sia così anche per ognuno di noi: non saremo mai perfetti e spesso non abbiamo l’ottimale che occorrerebbe per questa o quella situazione di bisogno, ma possiamo amare sempre con quel poco che abbiamo, nelle circostanze concrete nelle quali ci troviamo, senza cedere alla maledizione di rimandare il bene, magari con la buona intenzione di organizzarci per farlo meglio …domani”.