Funerale di Concettina Rossi: omelia del Direttore Don Alessandro D’Acunto

24/2/2015

Concettina Rossi, direttamente dal finestrino del treno finì tra le braccia del Direttore.
Non si scompose. Prese dimestichezza con scope, spazzoloni e stracci e si insediò tutto fare in Direzione.
Tanto piccola di statura, quanto grande di saggezza, dedizione e pietà.

Questa è la descrizione di Concettina che leggiamo all’in-gresso del Salone San Lorenzo dove, da tempo, il suo ritratto appare, assieme a quello di Anna Giambruno e a quello di altri personaggi illustri, tra i principali benefattori del Piccolo Cottolengo genovese.

Concettina era nata il 16 marzo 1934. Giunse a Paverano quasi 60 anni fa, all’età di 21 anni.

Era il 3 luglio del 1955 quando arrivò, in treno dall’Aquila. Alla Stazione di Brignole trovò ad attenderla il direttore di allora, Don Luigi Nicco, un sacerdote del quale Concettina conservò sempre un grande ricordo.

Mi prese in braccio – racconta – io che ero poco più grande di una bimba e mi disse: andiamo a casa, per te sarò sempre un padre.

I primi tempi furono difficili: Avevo scelto io di ritirarmi in un istituto: il mio handicap e le cattive condizioni di salute di mia madre non mi permettevano più di restare a casa. Però ero triste, imbarazzata dalla mia condizione e spaventata da quella delle ospiti più gravi.

Nel giro di poco tempo, però, la tristezza e la paura rimangono solamente un ricordo lontano: Concettina comincia a prendere confidenza con il Paverano e a considerarlo come la sua casa e, inizia a stringere amicizia con le altre ospiti. Con una, in particolare, Anna Giambruno, della quale diventerà amica inseparabile.

E il Paverano, da allora diventerà la sua famiglia, pur senza dimenticare la sua famiglia di origine, i suoi fratelli, i suoi nipoti.

In una intervista che le fecero alcuni anni fa, diceva: Sono nana, ma questa è stata una benedizione, non un peso. Mi ha aiutato, qui, perché con le mie manine ero un fulmine a rammendare le lenzuola, e a pelare le patate. Nessuno come me.

Tanto piccola di statura, quanto grande di saggezza, dedizione e pietà.

Concettina, in questi 60 anni, si è messa al servizio degli altri, con disponibilità e impegno.

Fin quando ha potuto, si è dedicata ai vari lavori manuali, in particolare al riordino degli uffici della Provincia.

Quando poi la salute è venuta meno, ed è stata costretta a rimanere a letto, non si è tirata indietro: ha continuato ad aiutare gli altri con la preghiera.

Chi andava a visitarla, l’ha sempre trovata, di giorno e di notte, con la corona del rosario tra le mani. E a tutti prometteva preghiere, dicendo che si sarebbe impegnata a farlo anche dopo la sua morte.

L’immagine ricordo che è stata preparata, che la ritrae ai piedi della nostra statua dell’Immacolata, nel giorno del suo onomastico, riporta queste parole: Non abbiate paura. Io pregherò per tutti voi.

E‘ per questo che vogliamo credere che, da oggi, il Paverano e tutti quelli ce l’hanno conosciuta, hanno un protettore in più.

Dalla sua camera, vispa e attenta, seguiva con attenzione ed interesse la vita del Paverano e della Congregazione. Non so come facesse, ma era sempre informata di tutto quello che succedeva in casa.

Dodi e Teresa sono state, per lungo tempo, le sue compagne di stanza, prima al Don Orione e poi, una volta sistemato il reparto, al San Gabriele.

Teresa è giunta al Paverano nel 2000 con una grave emorragia cerebrale. Non diceva nulla, sembrava che non capisse

Ma Concettina si accorse che era vero il contrario. La chiamava dal suo letto e le chiedeva di sorridere. E Teresa, a modo suo rispondeva, muovendo gli occhi, ridendo o piangendo. Sono gli esercizi quotidiani – diceva Concettina –, se non ci fossi io, chi glieli farebbe fare?

Così Concettina ha aiutato gli altri, malati e sani. E tutti ne hanno ottenuto beneficio, a livello umano, ma soprattutto a livello spirituale, edificati dalla sua serenità, dalla sua preghiera, dalla capacità di accettare ed offrire al Signore la sua vita, edificati dalla sua saggezza.

«Ami la terra? Terra diventerai. Ami Dio? Diventerai come Dio», scrive Agostino. L’uomo diventa ciò che ama.

Concettina, tutto questo l’ha capito molto bene: ha scelto di amare Dio. Come esortava Don Orione, ha saputo servire negli uomini il Figlio dell’Uomo, Gesù ed ora può godere della sua gioia, può godere della vita eterna.

Poteva starsene seduta a guardare la vita scorrere davanti a lei, come fanno tante persone. Invece è stata una protagonista.

Quale la ricompensa per tutto questo? Non sarà cosa da poco.

Ci ha ricordato il Vangelo: Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.

Concettina è stata trovata pronta ed oggi si siede al banchetto preparato in paradiso e ha l’onore di essere servita nientemeno che dal Signore stesso, da Colui che ha pregato e amato per tutta la vita.

La sua stanza, al San Gabriele, era diventata un po’ la meta, il punto di riferimento per tante persone, che andavano magari per un semplice saluto, per un po’ di compagnia, per pregare insieme a lei e se ne tornavano sempre edificati, con qualcosa in più….

La prima volta che sono andato al Paverano – raccontava sul nostro Bollettino un giovane liceale – ero scettico, pensavo di andare a visitare delle vecchiette un po’ strambe e di vedere situazioni poco belle. Mi sbagliavo.

Appena entrato nell’edificio, ho trovato un’atmosfera di allegria che normalmente non si pensa di trovare in una struttura del genere.

E continua: la prima persona che andiamo a trovare è Concettina, ferma a letto da anni, così come è ferma da anni nella sua fede.

Generalmente, una persona in quelle condizioni perde la fede; lei no. Lei continua imperterrita a pregare ogni giorno e ad avere una positività che noi, che siamo “fuori” da quella situazione, non abbiamo, perché preda della negatività che c’è nel mondo frenetico che ci circonda.

Disse una frase ancora ben viva nella mia memoria: alla domanda se fosse triste, lei rispose che triste è chi non ha niente, né un letto nel quale dormire, né un pasto per mangiare, né gente che tenga loro compagnia.

Lei ha tutto ciò, ma soprattutto, lei ha un compagno speciale, che condivide con lei felicità e sofferenza, gioia e dolore: Gesù.

La corona del Rosario che stringeva sempre tra le mani è stato il segno più eloquente della sua fede, del suo attaccamento alla Madonna.

E siamo certi che Maria l’ha accompagnata nel suo ultimo viaggio, l’ha stretta a sé con la sua corona e l’ha presentata al suo Figlio Gesù.

Concludo con le parole con le quali termina la Supplica alla Madonna di Pompei, poiché mi pare di vedere in queste parole gli ultimi istanti della vita di Concettina:

O Rosario benedetto di Maria; Catena dolce che ci rannodi a Dio; Vincolo di amore che ci unisci agli Angeli; Torre di salvezza negli assalti d’inferno; Porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più. Tu ci sarai conforto nell’ora di agonia; a te l’ultimo bacio della vita che si spegne.

E l’ultimo accento delle smorte labbra sarà il nome tuo soave, o Madre nostra cara, o unico Rifugio dei peccatori, o sovrana Consolatrice degli afflitti. Sii ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra e in cielo. Così sia.