Genova e Don Orione: Via del Camoscio
LA PRIMA CASA DEL PICCOLO COTTOLENGO GENOVESE
Nel 1924 Don Orione apriva in umiltà a Genova, in Via del Camoscio 2, il Piccolo Cottolengo Genovese.
Un primo passo di una grande opera che per la misericordia del Signore e il cuore generoso dei genovesi, raggiunse in pochi anni vaste proporzioni fino a diventare la “Costellazione di Case” di cui il nostro Santo Fondatore ha circondato tutta la grande Genova.
Esattamente tra un anno, il 19 marzo 2024, saranno trascorsi 100 anni. Da allora, il Piccolo Cottolengo si è ingrandito e, grazie allo “spirito evangelico” sul quale Don Orione volle basare la sua opera, ha messo a dimora i suoi semi in molte città italiane ed estere
“In Val Bisagno, centro di vita operosa, nel lontano 1924, venne Don Orione tra i suoi in una Villa in Via del Camoscio 2 ove raccolse gli stracci che nessuno voleva con il consenso di Monsignor Canessa, vicario capitolare della sede vacante. La villa di carità, la primogenita di altre sedi fu benedetta dal Prevosto Mons. P. Salto Francesco parroco emerito per ben 45 anni il giorno 19 marzo 1924.” [1]
Don Orione sacerdote era già noto qui a Genova, dove operava pur senza avere nessuna istituzione sua, da circa venticinque anni. Da subito, sentì il bisogno di un’opera che fosse a servizio dei più poveri, per accoglierli con bontà e offrire loro con giustizia una prima casa. Nei loro confronti la legislazione dell’epoca non contemplava alcuna assistenza: i poveri e i malati erano regolarmente emarginati dalla società.
Come andarono le cose quel 19 marzo del lontano 1924 nel quartiere di Marassi, lo sappiamo attraverso poche fonti scritte e qualche memoria orale raccolta in passato.
Ai suoi amici, persone influenti e benestanti da lui mobilitate per farli divenire strumenti di bene, solo pochi mesi prima dell’apertura della sua prima casa, probabilmente il giorno 13 di dicembre nella sede dell’UNITALSI in via San Lorenzo, aveva parlato con entusiasmo del suo portentoso progetto a Genova: aprire nella città un Piccolo Cottolengo. Come ispirato disse: “È il Signore che fa tutto” e aggiunse “…le case del Piccolo Cottolengo sorgeranno sulle alture di Genova come una costellazione”.[2]
Quell’inizio oggi merita di essere ricordato non è perché fu un avvenimento clamoroso, fu anzi un fatto semplice e modesto, ma perché fu l’inizio, solo l’inizio, di opere ben più grandi.
Ottenuta l’autorizzazione della Curia vescovile nella persona del Vicario Capitolare Mons. Francesco Canessa (Genova allora era la sua “sede vacante” per la morte di Mons. Signori), Don Orione si mise alla ricerca del luogo che rispondesse alle sue volontà. Alfonso Dufour scrisse in una pagina di ricordi “nel 1924 (Don Orione) si rivolse a mio padre affinché gli procurasse l’offerta di qualche palazzo antico, con terreno e abbondanza di locali, dove poter dare l’inizio al Piccolo Cottolengo Genovese”. Quando, di lì a poco, il locale fu trovato, fu proprio l’Ing. Gustavo Dufour a farsi garante per Don Orione presso il proprietario. Presa in affitto quella casetta, con un grande giardino, sita in Via del Camoscio 2, a 30 metri dalla chiesa parrocchiale dei Minimi di San Francesco da Paola, la ripulì alla meglio e chiamati a raccolta i suoi primi amici, alcuni appartenenti alle più benestanti famiglie genovesi, cercò subito dopo un modo per pagarne le spese dell’affitto. Fu allora che il Sig. Giuseppe Gambaro pagò l’intera cifra per un anno che ammontava a 13.000 lire. Era il 18 marzo 1924.
Sempre lo stesso giorno della vigilia di prima mattina Don Orione si recò a Tortona nel Convitto Paterno, dov’era Direttore, a cercare suor Maria Stanislaa. Quel giorno la Suora non stava bene ma si presentò ugualmente in direzione dove Don Orione le disse sorridendo “..devo aprire a Genova una casa, un Piccolo Cottolengo, e ho pensato di mandare voi”. E così poco dopo la suora prese il primo treno per Genova e scrisse sul suo diario “Così si partiva. Don Orione di solito avvertiva qualche ora prima per preparare gli stracci. Poi si partiva contente. Forse era il modo migliore, poiché non restava tempo di perdersi in rimpianti, né in pettegolezzi: si era pronte a qualsiasi trasferimento, sempre, perciò si viveva staccate da tutto e da tutti”[3]. Ancora la Suora non sapeva quali esperienze avrebbe fatto tra gli anziani e i malati del Piccolo Cottolengo, era certa però che il sacerdote l’avrebbe guardata e le avrebbe dettato, anche per lettera, norme di assistenza e di pastorale (quella corrispondenza lei la conservò come reliquia e quando la consegnò alla Postulazione contarono almeno 136 lettere).
Don Orione poco prima dell’apertura si procurò una gabbietta con due canarini e la sistemò in cappella dietro all’altare perché, sull’esempio di San Giuseppe Cottolengo, ci fosse sempre qualcuno a cantare le lodi del Signore.
La mattina del 19 marzo aprì ufficialmente la casa: il Parroco P. Salvo dei Minimi, Parroco della Chiesa vicina dedicata a S. Francesco da Paola, benedisse i locali e concelebrò insieme al nostro Santo Fondatore e ad un suo confratello la Santa Messa. Al termine della celebrazione, riporta il diario parrocchiale “Don Orione invitò tutti i presenti a soccorrere coloro che sono sofferenti, poveri e bisognosi; le sue parole furono semplici e ardenti e fecero la più grata impressione negli animi e dopo, alcune signore, dispensarono biscotti e caffè latte. Nei giorni seguenti cominciarono a giungere letti di ferro, materassi, lenzuoli, coperte e altre suppellettili, ed in aprile un piccolo numero di ricoverate trovarono conforto alle loro pene”[4].
Tutto qui? Sì, tutto qui. Nel bollettino del 60° di quell’apertura, a marzo 1984, D.M., l’autore del contributo, scrive: “Quello che sorprende, appunto, è il tutto qui… Ma tutto questo cos’era in confronto di venticinque anni di preparazione? Che cos’era rispetto ad una città che aveva visto Don Orione scelto dal Papa per chiarire equivoci che avevano creato non poco subbuglio, proprio a Genova, perfino tra uomini di chiesa? Evidentemente era stata una scelta di Don Orione quella di partire in tono minore, quando invece, se si fosse mosso, come gli era possibile, a trombe spiegate, avrebbe non solo trovato adesioni tra la gente, ma anche di autorità e di rappresentanze. E invece nulla. O meglio: Don Orione si accontentava di un umile e circoscritto consenso, che lo tutelava dai rischi micidiali della notorietà. In fondo, non era Dio l’unico destinatario delle sue offerte e delle sue fatiche?”
Terminata l’inaugurazione sembra ci sia stato un via vai di gente per visitare la casa: a far gli onori e ad accompagnare gli ospiti erano le signore del Comitato che davano spiegazioni dell’opera intrapresa e parlavano di Don Orione, delle sue case in Italia e all’estero. Alcune di queste signore divennero Dame della Carità e presero a riunirsi ogni due settimane per discutere di ciò che si diceva in Genova sulla culla del Piccolo Cottolengo, sugli sviluppi progettati o previsti, sui legami di amicizia, su come reperire fondi e beni materiali. Leggendo i verbali delle loro riunioni possiamo trarre delle informazioni relative a quegli anni: le camere in quei primi giorni erano una decina, poi furono venti, poi altre ancora, tutte destinate ad accogliere persone anziane che necessitavano di un’assistenza continua. Le Suore svolgevano un grande lavoro fino a sfinirsi e in pochi anni permisero alla casa di aumentare il numero di posti. Venne successivamente aperto anche il reparto per accogliere le giovani orfane e la cura del grande giardino divenne compito loro. In neppure due anni dall’apertura le ricoverate erano 130!
Altre Fonti:
Amici di Don Orione, 1974 n°I
Amici marzo1984 n° III
Amici aprile 1984 n°IX
Amici maggio 1984 n°V
Le Mani della Provvidenza, Don Orione e i Genovesi, Opera Don Orione Genova, 2004
Circa l’opera che nasceva, affidata dopo che a Dio alla carità dei genovesi, Don Orione in quel 19 marzo disse: “La fede ci insegna che i poveri sono Gesù Cristo; Gesù considera fatto a sé ciò che viene fatto ai poveri; egli stesso fa un elenco di poveri da soccorrere nei quali scoprire la sua propria identità. Questa fede, viva, convinta viene testimoniata dai fatti, che sono le opere di misericordia temporali e spirituali; sempre si salva ed è ammesso all’amore eterno di Dio chi ama e soccorre il proprio fratello nelle sue esigenze… le prove di amore che Gesù ci chiede sono tutte qui: ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete assistito, carcerato e siete venuti a trovarmi. Ogni volta che avete fatto queste cose ad uno solo dei miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me.” Don Orione dopo aver ripetuto le parole secondo Matteo (25, 35-40) soggiunse a commento rivolto agli amici genovesi presenti: “E’ la carità, solo la carità che salva. Ho chiesto per voi una grande grazia; e il Signore ve la concederà ne sono sicuro. Voi – qui presenti e quanti in seguito visiteranno questa casa e avranno attenzioni di amore verso questi poveri nostri fratelli – abbiate fede, siatene certi che la vostra carità vi verrà computata a salvezza. La carità, solo la carità, la grande vostra c carità, vi assicura l’eterna salvezza dell’anima”.[5]
[1] Tratto da un documento presente nell’archivio del Piccolo Cottolengo Genovese presente nella Casa di Paverano
[2] Don Luigi Orione e i Genovesi Raccontano, Quaderni del Chiostro 1998-n°16, Confraternita di S. Giovanni Battista De’ i Genovesi in Roma, pp. 9-10.
[3] Ricostruzione del discorso tenuto da Don Orione il giorno dell’inaugurazione grazie al ritrovamento del diario di Suor Maria Stanislaa (tratto da un articolo di Don Albino Cesano presente nel nostro archivio)
[4] Tratto da un articolo di Don Albino Cesano presente nel nostro archivio.
[5] Ricostruzione del discorso tenuto dal nostro santo Fondatore il giorno dell’inaugurazione grazie al ritrovamento del diario di Suor Maria Stanislaa e ad alcune testimonianze orali (tratto da un articolo di Don Albino Cesano presente nel nostro archivio).