Introduzione

tn_orioneGenova e Don Orione: un amore a prima vista

Don Orione aprì personalmente una decina di istituti o cottolenghi in Genova e di dimensioni di tutto rispetto. È interessante tentare di scoprire il perché di questa simpatia.

Nel pomeriggio del 21 settembre 1870 veniva ammainata la bandiera dello Stato Pontificio che sventolava su Castel S. Angelo e fu donata al Barone Guglielmo de Wedel Jarlsberg, il primo cattolico norvegese chiamato a prestare servizio d’onore. Egli l’affidò poi alla figlia Carmen, sposata al Sen. Antonio Boggiano Pico. Quella bandiera venne “restituita” in dono al Papa quando andò a far visita al Cottolengo di Don Orione a Genova – Paverano il 22 settembre 1985.

L’atto unilaterale compiuto dal governo italiano di fare di Roma la capitale dello Stato, fu pure l’inizio di una serie di leggi anticlericali come la soppressione di conventi e il conseguente allontanamento di migliaia di religiosi dalle loro sedi; il placet governativo per gli atti di magistero e di disciplina della chiesa e l’exequatur, ossia l’approvazione dell’autorità civile perché un vescovo potesse entrare nella diocesi assegnatagli. Garibaldi elegantemente definiva Pio IX un metro cubo di letame.

Questo povero Papa desiderava essere sepolto in San Lorenzo fuori le mura. Per non dar motivo a chiassate si aspettò qualche anno prima di traslare la salma e, per eccesso di cautela, il rito venne fatto di notte. Il giornale “Lega della democrazia” così ne dava notizia: “La notte del tredici luglio si trasportava la carogna di Pio IX… senza le baionette dei soldati e le rivoltelle della sbirraglia sarebbe stata gittata dal carro funebre nel Tevere”.

In questo clima di astiosità nacque e trascorse buona parte della sua vita Don Orione. Ora si comprende il motivo del suo amore al Papa e l’attaccamento viscerale alla Chiesa. Come ha spinto Don Orione a prendere posizione, nello stesso modo l’anticlericalismo smaccato suscitò una reazione vivace ed agguerrita da parte dei cattolici più impegnati. Nacque così l’Opera dei Congressi Cattolici.

L’11 settembre 1892, il vescovo di Tortona mons. Bandi celebrò il Congresso diocesano al quale vennero invitati esponenti di spicco di Genova. Orione, che non era ancora prete, vi partecipò attivamente e lasciò nei più una straordinaria impressione. Venne perciò invitato al X Raduno dei Congressi che si sarebbe celebrato in ottobre a Genova.

Quindi possiamo dire che, non ancora sacerdote, Orione entra in qualche modo nell’anima dei genovesi. Due anni dopo manderà a studiare nei licei della città i suoi migliori studenti, fra i quali il venerabile Gaspare Goggi.

Questo nuovo legame con Genova gli permette di conoscere Tommaso Canepa, cristiano fervente, attivo, molto riservato. Egli vorrebbe che Don Orione aprisse un’opera e gli mette a disposizione una sua casa. Don Orione saggiamente prende tempo: ha poco più di trenta anni e non può bruciarsi sul nascere. Inoltre un chierico o un sacerdote non può agire nell’ambito della chiesa senza il benestare del suo vescovo. Quello di Tortona ha già grattacapi per conto suo per inseguire i sogni di un giovincello. Se don Orione avesse fallito i cocci se li sarebbe dovuti riattaccare il vescovo.

A Genova poi stava operando magnificamente bene Don Vincenzo Minetti. Questo santo prete aveva dato vita a tantissime opere, era benvoluto, faceva un sacco di bene. Se Don Orione avesse subito accontentato Canepa e fatto un’opera dove costui desiderava, cosa avrebbe detto il vescovo di Genova? Quel che dirà in seguito il card. Minoretti: “Qui a Genova abbiamo tante opere; e quando non sanno più come fare, vengono da me a chiedere aiuto. E poi stancano troppo perché bussano tutti alle stesse porte. E io ne sento i rintocchi”.

La diocesi di Genova sfortunatamente in pochi anni ebbe diversi vescovi e questo non giovò alla stabilità. Il modernismo di cui venne accusato anche il famoso barnabita P. Giovanni Semeria, aveva creato frizioni tra i cattolici. L’ambiente non era tanto sereno e Don Orione anche per questo spostò i suoi chierici a Torino. Egli, che era troppo devoto alla Chiesa, non volle darle altri assilli ed aspettò tempi migliori.

Non dimentichiamo che nel frattempo si era avventurato in più attività. Era intervenuto a portare aiuto ai terremotati di Reggio Calabria, di Messina e della Marsica; fu nominato vicario generale della diocesi di Messina; manda i suoi primi missionari in Brasile; parte per il sud America e imbastisce tante altre iniziative. Non ha veramente sprecato il tempo. La copiosa corrispondenza che intrattiene con gli amici genovesi, in modo particolare Canepa, la famiglia Gambaro e mons. Malfatti rettore del santuario della Guardia sul monte Figogna, testimonia che ha Genova nel cuore. Il colpo di fulmine comunque era scoccato: assieme, Genova e Don Orione, di strada ne avrebbero fatta e tanta.

Amici di Don Orione (Genova), ottobre 2001.