I cieli narrano la Gloria di Dio
C’è una lode grandiosa e perenne che sale a Dio dall’universo intero. Ce ne accorgiamo quando qualche volta ci fermiamo a contemplare la natura, il paesaggio, il cielo.
“I cieli immensi narrano la gloria di Dio e l’opera delle sue mani annuncia il firmamento”, così inizia il salmo 18 della Bibbia, un testo splendido, una preghiera, una bella poesia che è stata anche musicata da molti autori, proprio perché si presenta come un testo ricco di immagini con un particolare afflato spirituale.
Mi chiedo, perché, ancora all’inizio di questo nuovo anno, non fare nostro e unirci a questo coro universale che glorifica il creatore di tutte le cose? È davvero tutto così scontato? Le meraviglie del creato sono lì attorno a noi, sempre nuove e splendenti di bellezza, mentre il tempo passa e la nostra vita scorre veloce.
Quando apprezziamo un bel vestito indossato da un amico, subito gli chiediamo: ma chi te l’ha fatto? Si è fatto da solo? Ammiriamo un’opera d’arte, e subito pensiamo a chi l’ha realizzata, una bella chiesa, un bel dipinto, una buona musica. Anche quando gustiamo una buona pietanza facciamo i complimenti alla cuoca. Insomma la nostra esperienza quotidiana rimanda sempre all’autore delle cose. E così noi crediamo, con la tradizione ebraica, in un Dio creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.
Dire semplicemente natura, ambiente, pianeta, è troppo poco, sembra fare riferimento a una realtà autonoma che si è fatta da sé. È un fatto di natura, la natura è così, diciamo spesso. Noi invece parliamo di creato e di Creatore perché la natura, quello che esiste, non esiste da sé, non si è fatto da solo, ma è stato fatto da qualcuno che ne è l’artefice.
Le meraviglie della creazione, lo spettacolo del mare o della campagna, delle pietre, dei fiori, degli animali, e in particolare del cielo, tutto dice l’abilità del creatore ed esprime la sua gloria. Sono un inno di lode all’autore di tutte le cose.
“Se guardo il cielo opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cos’è l’uomo perché te ne curi?”.
Se il salmo 8 si soffermava su una visione notturna del cielo e in particolare sulla luna, domandandosi del perché di un trattamento di favore nei confronti dell’uomo, essere così piccolo a confronto, il salmo 18 invece contempla il cielo di giorno, soffermandosi in particolare sul sole, l’eccellenza tra le opere create.
Nel mondo antico moltissimi popoli adoravano il sole e lo consideravano una divinità, per la sua grandezza e bellezza, per il suo calore, perché indispensabile alla vita.
Israele invece non adora il sole, non ritiene il sole una divinità, lo ritiene semplicemente un’opera di Dio, bellissima, ma una cosa. Dio è molto più grande del sole, molto più potente, molto più saldo, molto più buono. Il sole parla di Dio. L’autore sacerdotale della creazione nel libro della genesi ha addirittura omesso il nome del sole, chiamandolo solo lampadario maggiore, e non nomina neanche la luna, la chiama lampadario minore. Il sole è una lampada, una fonte di luce, appeso alla volta del firmamento, così chiamato perché solido e resistente, pensato come una cupola di cristallo che doveva sorreggere le acque di sopra. Così pensavano gli antichi. Noi possiamo sorridere ma non ci scandalizziamo, anzi ci adattiamo al loro modo di vedere. Non andiamo a cercare nella bibbia spiegazioni scientifiche, sono immagini poetiche di persone credenti, per imparare a pregare e apprezzare meglio la realtà in cui siamo avvolti.
Dice ancora il salmo 18: là pose una tenda per il sole. Là dove? Agli estremi confini del mondo. Dove va a dormire il sole? Nella sua tenda. Dove? Agli estremi confini, sempre molto lontano da dove siamo noi. Al mattino il sole “esce dalla sua tenda come uno sposo dalla stanza nuziale, come un prode che percorre la via”. Una immagine umana piena di gioia e felicità, un giovane sposo che esce di casa contento, fischiettando. Poi lo paragona a un prode, a un eroe, un combattente, un atleta. Di strada ne deve fare tanta e ha una giornata di tempo, deve percorrere tutta la volta del cielo. “Sorge da un estremo del cielo e la sua corsa raggiunge l’altro estremo. Nulla si sottrae al suo calore”. Corre tutto il giorno per riscaldare ogni cosa, per poi raggiungere la sua tenda.
Naturalmente per il narratore antico è il sole che si muove, così come noi continuiamo a dire che il sole sorge e il sole tramonta, anche se abbiamo capito che è solo la terra che si muove, ma l’apparenza è quella. Il poeta narratore sta semplicemente utilizzando una bella immagine per dire la bellezza del Creatore.
I primi cristiani, riprendendo un’espressione del profeta Malachìa, hanno attribuito a Gesù il titolo di sole di giustizia. Dice il profeta: “verrà il giorno rovente del Signore, allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno bruciati come paglia. Per voi, che avete onorato il mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia”. Una pagina profetica, una splendida promessa, un inno a Cristo Signore, tanto è vero che hanno deciso di fare la festa di Natale nel giorno in cui gli antichi Romani festeggiavano la nascita del sole, perché il vero sole, il sole di giustizia, che rende giusti, è Gesù Cristo.
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Un’ultima annotazione, tra le tante che si potrebbero fare. Nella sua conclusione il salmo osserva che la testimonianza del Signore è stabile, e rende saggio il semplice. Il comando del Signore è limpido e illumina gli occhi, fa capire come stanno le cose, e i suoi giudizi sono tutti giusti. Tutti nel senso di presi tutti insieme. Qualche particolare potrebbe sembrare storto, ma nell’insieme tutto è al suo posto.
Molte volte sembra storto perché vediamo da un’angolatura sbagliata, ma se avessimo la visione completa ci accorgeremmo che è dritto. La giustizia del Signore è in una prospettiva totale, globale, non solo nel piccolo particolare, ma è l’insieme del creato che narra la gloria di Dio. Giobbe, che si lamentava della propria situazione di sofferenza, faceva del proprio problema il giudizio globale di tutto. Se io sto male, e non capisco questo male, vuol dire che tutto è sbagliato, vuol dire che il Signore non fa le cose giuste. E allora Dio lo interroga proprio sul creato, dov’eri tu Giobbe quando io ponevo le fondamenta del mondo, che cosa hai fatto tu per creare la terra e il mare, sei tu che fai sorgere la luce, sei tu che guidi tutta la realtà della terra? L’errore dell’uomo è sempre quello di mettersi al centro, nel pretendere di giudicare tutto dal suo punto di vista. È l’insieme del creato che mostra la grandezza e la giustizia di Dio. E allora l’uomo che si pone di fronte a Dio lo fa con un atteggiamento di umiltà, senza prepotenza e senza pretese.
D.G.M