Il fascino di quell’uomo di Dio (Card. G. Siri)
Don Orione ha la forza di nascondere sotto il sorriso largo e l’abituale vivacità, sotto la prontezza perspicace qualunque agitazione o pena, qualunque travaglio: il sacrificio dev’essere naturalissimo e semplice. Tutto è bruciato da lui, ma senza affumicare nessuno. La sua carità costava e costò tutta la sua vita. Essa si vide, e con essa nascose se stesso.
IL PRIMO INCONTRO CON DON ORIONE
Quando sbucai in Via Bosco, a Genova, dove Don Orione riceveva, vidi questo spettacolo. La strada era piena di gente tanto che non era facile avanzare. Aspettano Don Orione, mi dissero. Mentre tentavo guadagnare la cancellata di Santa Caterina udii un mormorio, ed osservando dall’alto la strada in discesa scorsi sul fondo un auto che tentava fendere la folla. Quando l’auto passava, ai lati la gente s’inginocchiava. Vicino a me un uomo protestava di tutto questo, ma quando l’auto fu all’altezza di lui, si inginocchiò.
Predicava sempre con calore insolito, ma l’effetto che se ne sentiva dentro era molto superiore alle cose che diceva.
È vero che di lui si sentivano narrare cose straordinarie e mirabili, è vero che in tante case si conservano memorie di sue visite contrassegnate da singolari effetti della sua preghiera, ma la comunicazione di un singolare senso avveniva anche solo a vederlo. Non è il mio giudizio su interessanti dettagli della sua vita, in cui parve egli non aver agito da solo, ma a considerar nell’insieme se ne ritrae la conclusione – rivedendolo – che Dio ha una singolare aureola per coloro che più perfettamente e senza riserve hanno praticato il massimo dei precetti.
Quella irradiazione diffondeva pace e letizia, il che era grazia di Dio, ma consentanea sempre alla carità senza misura, capace di bruciare tutti i travagli per non offrire agli altri nulla che non fosse serenità e gioia.
Così fu nel vecchio e nel nuovo mondo, ma con tali evidenti segni del passaggio di Dio, che quanti furono strumenti della Provvidenza possono sentire su di loro il decoro e l’onore d’essere stati alla loro generosità supernamente prescelti.
TRATTI CARATTERISTICI
Tema della sua vita fu il concetto evangelico della carità; la sua vita ne fu lo svolgimento rigoroso; carattere forte ed universale, col suo stupendo inserimento nella virtù della fede.
Ha forzato i limiti delle ordinarie preoccupazioni di beneficenza. Si occupa di quelli che non rientrano, o vi rientrano più difficilmente, negli schemi ordinari della miseria. I respinti da tutti oggi tendono a diventare folla. Il tempo è ingeneroso; fa pensare che il problema dell’assistenza non si risolverà mai in pieno con dei soli articoli di legge o con delle sole prestazioni meccaniche e mercenarie.
Ai figli ha lasciato: per sé grande povertà generosa illimitata fiducia semplicità rude e coraggiosa nell’intraprendere imponente indifferenza del denaro.
La sua opera non si esaurisce negli Istituti; l’esempio dato, lo spiritodato ai figli.
Al costume di rallentare la forza dell’istituto famigliare privando molti figli del nerbo d’una educazione, Dio si direbbe abbia contrapposto Don Bosco, l’educatore.
Al più corrotto costume di accumulare sul margine della via i rifiuti d’ogni colpa, i relitti d’ogni esperienza (prova che il freddo umanesimo popola i cimiteri e inaridisce ogni sorriso) e la devastazione continua, la Provvidenza manda Don Orione.
Ispira tranquillità e fiducia il constatato fatto che con impressionante puntualità e fedeltà l’amorosa provvidenza di Dio accende via via ed a suo tempo i fari per inondare di luce le successive zone d’ombra. Questi fari accesi documentano la inessiccabile sorgente per cui l’annoso tronco evangelico vive e tende i suoi rami per ogni età e per ogni calura.
Nel 1944, 16 marzo, il cardinale Siri, allora Vescovo ausiliare di Genova, commemorando Don Orione, difendeva il suo apostolato cristiano a favore dei più piccoli figli di Dio, i >“buonifigli”
“Se si dovesse fare una scelta, io credo che prima di eliminare gli inutili bisognerebbe eliminare i nocivi. Ma chi sono gli inutili? Forse quelli che non possono valersi da soli eppure riescono per sé e per chi li aiuta fonte di ricchezze eterne? E non sono più inutili, quando non sono nocivi, coloro che accumulano ricchezze per questa vita, quelli che non ammassano capitali per il Cielo, quanti dimenticano le cose più importanti: Dio, l’anima, l’eternità, e si danno alla caccia delle caduche e misere cose di quaggiù?
Non è facile dare la dimensione del volontario in questi esseri umani, ma possiamo ben essere certi che stessono essi offrono una corrispondenza assoluta e totale al movente della Grazia che opera e dà vita, mentre a volte i soggetti normali chiudono la mente e il cuore alla mozione di Dio. ‘Quelli che noi chiamiamo ritardati – dice Don Orione – talvolta ci sopravanzano nel cammino della semplicità, dell’umiltà, della dedizione’.
In questi 25 anni sono passati dalla scena del mondo uomini che sembrava lo tenessero in mano e ne potessero fare quanto volevano. Quante favole che si passavano di bocca in bocca e volevano fare epoca ormai non si raccontano più, se non con disprezzo ed esecrazione, mentre questi figliuoli, né nocivi né inutili, sono rimasti indisturbati e fedeli al loro umile posto di battaglia, in preghiera e generosa sofferenza, davanti al Re della pace, al Re dei cuori”.
Genova, 18.11.1972. Commemorazione di Don Orione a Palazzo S. Giorgio. La relazione principale fu tenuta dall’On. Roberto Lucifredi, Vice Presidente della Camera. Il Card. Siri intervenne con un breve saluto. Testo trascritto dalla registrazione.
Quest’oggi Genova ha voluto ringraziare Don Orione, perché, nel nostro secolo, non c’è stato nessuno che abbia avuto un tale arco, ampio, di imprese nell’assistenza. Per questo ricordiamoci che migliaia e migliaia di persone hanno sofferto meno, perché c’è stato lui. Lo ringraziamo perché ha fatto un miracolo notevole, cioè è riuscito a infondere nella sua Opera e nelle Congregazioni da lui fondate uno spirito di resistenza, di consistenza e coerenza, che rimane immutato. Che, dopo decenni, rimangano immutate certe opere è un miracolo. E credo che, se pur non è tale da poter essere presentato canonicamente per la sua beatificazione, questo sia il miracolo suo. Noi vogliamo ringraziarlo.
Ma io vorrei sottolineare che Don Orione è un indicatore per noi, è un’antenna, perché con tutta la sua opera ha insegnato che non ci sono soltanto gli affamati a questo mondo. A questi è facile che si pensi; ma ci sono anche i disgraziati, quelli ai quali la natura è stata avara. È questa l’indicazione: non ci sono solo gli affamati, ci sono i disgraziati. E se è facile andare incontro agli affamati, perché basta aprire il portafoglio, per andare incontro ai disgraziati ci vuole l’anima, la mente, il cuore, la dedizione.
Credo che Don Orione entri in un grande disegno. Noi abbiamo il benessere, abbiamo la tecnica: stiamo per soffocare. Il benessere ha fatto una cosa, alla quale non si pensa: ha aumentato le distanze con quelli che stanno male e sono disgraziati: non le ha ravvicinate le distanze, perché il fatto che è cresciuto per molti lo stare bene è diventato più evidente per gli altri lo stare male ed essere disgraziati.
Don Orione mette il dito su questo, e voi capite che il discorso potrebbe continuare. Ma se le distanze non si sono ravvicinate, e si sono allontanate, ciò significa che bisogna imparare a chinarsi di più, non a chinarsi di meno, a dare di più, a offrire, di noi, di più.
Però, se questa figura di Don Orione ha ancora la potenza di fare scattare, è segno che il linguaggio della carità, dell’amore, della dedizione è ancora capace di superare tutte le barriere e di fondere tutti gli uomini.
Dal libro: Le mani della Provvidenza