La parola del padre
Stralcio da lettera a Don Giulio Cremaschi del 5 ottobre 1939
“…A me sembra che una volta ci fosse in noi più spirito di povertà, più facilità ad accontentarci del poco, del ristretto, di ciò che sapeva di umile vita, di semplicità, da poveri figli della Divina Provvidenza. Ora si ha bisogno d’avere tutto e si stenta, quasi si rifugge dal darci attorno e dall’essere felici che ci sia un po’ da soffrire, qualche sacrificio da fare.
Hai ragione a richiedere tre aule, perché sono tre classi distinte. Ma la Divina Provvidenza ve le ha già date, cari miei figli. Succede solo che è velato lo spirito che risplendeva in noi: avete le aule e non le vedete. Dietro la cappella ci sono tre aule. “Ma è la sacrestia”, dirai. Almeno fino a quando non faremo le aule, se ne faccia a meno e i sacerdoti si vestano in presbiterio. Come si vede non siate stati in paesi di missione …
Caro mio buon Don Cremaschi, torniamo poveri come ai primi tempi. Formiamo novizi che vivano di buono spirito, di povertà, di sacrificio. Cosa importano sacrestia e cerimonie qualora mancasse lo spirito propriamente nostro. Al mio paese si diceva che Sant’Ingegno è la festa dei massai. Intendiamolo bene e applichiamolo a noi, questo proverbio popolare e sapiente. Avessimo tanto posto in Paradiso …
Io trovo da far scuola dappertutto – è una grazia di Dio – e voi non ne trovate! Che male c’è, visti il nostro bisogno e i momenti che attraversiamo, a fare scuola anche in una cappella? Per chi studiamo se non per servire Gesù Cristo e la Chiesa anche con la scienza. Non è Dio il Signore delle scienze?
… Prega e fa pregare per me codesti cari novizi, e che il Signore sia sempre con i nostri chierici, li conforti e li sostenga nei loro studi per la gloria della Chiesa e il maggior bene della Congregazione. Ogni benedizione a tutti, nella Santa Madonna vostro affezionatissimo
della Divina Provvidenza”