La bottega del barbiere
Un progetto che nasce nel residenziale di Famiglia Moresco e ha come obiettivo lo sviluppo e il mantenimento delle autonomie relative alla cura della propria persona.
Don Ivo Caprai
“I Figli della Divina Provvidenza esprimono la loro comunione anche suffragando generosamente i confratelli defunti. Ricevuta notizia della morte di un confratello,
Lettera del Direttore Generale: ” Il primo lavoro sono le vocazioni”
Carissimo Confratello
Figlio della Divina Provvidenza,
“Benedico il Signore che ti chiami a fare vita religiosa
Torna Tele Deo Gratias
MLO: in Quaresima digiuniamo cosi’…
Cominciamo il nostro cammino quaresimale… però non da soli ma in compagnia di UNO che ben conosce IL CAMMINO… SI, CON GESÙ che un giorno decise di SALIRE A GERUSALEMME per dare compimento all’opera della NOSTRA REDENZIONE. Ascoltiamo L’EVANGELISTA LUCA che ce lo descrive cosi: “ Si avvicinava il tempo nel quale GESU’ DOVEVA LASCIARE QUESTO MONDO, perciò DECISE FERMAMENTE di andare verso Gerusalemme e mandò avanti alcuni messaggeri. Questi partirono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparare quel che era necessario all’arrivo di Gesù. Ma gli abitanti di quel villaggio non vollero accogliere Gesù perché stava andando a Gerusalemme.” (Lc 9,51)
La Chiesa al servizio della persona con tenerezza
Cari amici, ora parlando di VITA E DI AMORE, scendiamo più al concreto: cosa deve fare LA CHIESA in questo campo? Cosa possiamo e dobbiamo fare CIASCUNO DI NOI nelle varie situazioni di vita in cui ci troviamo?
La vecchiaia: il nostro futuro. La condizione degli anziani dopo la pandemia
Questa mattina è stato presentato in Vaticano il Documento della Pontificia Accademia per la Vita:: “La vecchiaia: il nostro futuro. La condizione degli anziani dopo la pandemia”.
Ecco le pagine per gli approfondimenti:
Testo: https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2021/02/09/0085/00173.html
Presentazione: https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2021/02/09/0086/00169.html
XXIX Giornata Mondiale del Malato: il messaggio di Papa Francesco
Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli (Mt 23,8). La relazione di fiducia alla base della cura dei malati
Cari fratelli e sorelle!
La visita al Paverano dell’Arcivescovo Mons. Marco Tasca
In occasione della Visita Canonica al Piccolo Cottolengo genovese, l’Arcivescovo di Genova Mons. Marco Tasca, ha incontrato i religiosi orionini e un gruppo di collaboratori laici.
Giovedì 28 gennaio: S. Messa con l’Arcivescovo
Giovedì 28 Gennaio 2021
NELLA CHIESA DI PAVERANO
MARCO TASCA
Arcivescovo di Genova
presiederà
la Santa Messa alle ore 16.30
concelebreranno
il Direttore generale, il Direttore provinciale
della nostra Congregazione e gli altri sacerdoti.
Ricordiamo che la celebrazione in video-collegamento sul canale della Chiesa
27 gennaio: giornata della memoria – MLO
27 GENNAIO 2021
Cari amici
Ad AUSCHWITZ sono stato diverse volte ma, lo confesso, dopo la prima, non volevo più tornarci. Tutto il mio essere, sembrava ribellarsi a varcare di nuovo quei cancelli. Per non rivedere quelle “montagne” di valigie di cartone e scarpette di bambini Per non avere più incubi notturni sognando quel FILO SPINATO che ti lacera l’anima …E La scritta ironica e intollerabile all’ingresso:
L’editoriale
L’anno 2020 è stato caratterizzato dal “coronavirus” e così passerà alla storia; l’anno 2021 dovrebbe presentarsi all’insegna del “vaccino”, nella speranza che riesca a ridonare una certa normalità alla nostra vita.
Il “coronavirus” non è sotto il nostro controllo, non siamo in grado di governarlo: possiamo solo limitare i suoi effetti malefici con uno stile di vita adeguato; il “vaccino” è frutto della scienza, della tecnica: possiamo accoglierlo e augurarci che porti i frutti sperati.
Cosa possiamo invece fare noi? Che cosa è nelle nostre possibilità? In che modo possiamo migliorare l’attuale situazione e contribuire a creare un clima più sereno?
Prenderci cura gli uni degli altri: questo è il programma che ci dobbiamo assumere sempre, ma in particolare in questo nuovo anno. Abbiamo sperimentato tutti i nostri limiti, le nostre debolezze, le nostre paure. La soluzione dei mali non può essere l’isolamento, la chiusura in sé stessi, ma proprio il contrario: lo sperimentare che abbiamo tutti bisogno dell’aiuto degli altri, che gli altri possono fare molto per noi e noi per loro. E allora spazio alla creatività, a trovare le modalità migliori per rendere l’altro parte della nostra vita, farlo sentire importante, regalargli nuova fiducia in sé stesso e negli altri… Tutto questo in famiglia e con tutte le persone con cui veniamo in contatto nella nostra attività quotidiana.
San Paolo, nella Lettera ai Galati, invita a “portare i pesi gli uni degli altri” (Gal. 6,2).
E San Luigi Orione ci esorta: “Abbiamo cominciato l’anno nuovo: rendiamo grazie a Dio dei tanti benefici ricevuti, e cominciamo oggi ad amare, a servire veramente… Sempre lieti in Domino, con gioia grande, diffondendo bontà e serenità su tutti i nostri passi e nel cuore di tutte le persone che incontriamo: sempre contenti, sempre alacri, tesoreggiando il tempo, ma senza troppa umana fretta: in ogni giorno, in ogni cosa, in ogni tribolazione, in ogni dolore, letizia grande, carità sempre e carità grande, sino al sacrificio”.
Ogni Anno Nuovo che inizia porta con sé una nuova responsabilità per ciascuno di noi: Buon Anno 2021!
Don Dorino Zordan
Ripartire – ci sarà un dopo e sarà un tempo di speranza
Qualche tempo fa ho letto un interessante articolo di Lucio Romano “Dopo per un tempo nuovo”1. Si domandava come sarà il dopo, nel momento della ricostruzione della nostra esistenza, dopo aver vissuto nell’ incontro continuo tra le nostre fragilità e nel coraggio messo in atto per combattere la solitudine che la pandemia ha creato e continua a creare nella nostra esistenza.
Amare è avere cura
Lettera introduttiva delle schede di formazione carismatica 2020/2021 per gli operatori dell’Opera Don Orione
Roma, 15 agosto 2020
Avere cura non è solo una delle attività degli esseri umani sulla terra, avere cura è il fondamento stesso della nostra vita perché è la dimensione entro la quale Dio ci chiama all’essere.
Ci prendiamo cura di coloro che amiamo e solo attraverso il concreto avere cura l’amore che sentiamo e che dichiariamo non rimane una parola astratta.
Ma qual è lo specifico degli esseri umani nell’avere cura? Non è certo soltanto quello relativo ai figli o ai coniugi o ai genitori ecc. Anche il mondo precristiano, il mondo pagano, era così. La cura era riservata ai congiunti da vincoli familiari di sangue. Perciò Gesù invitava i suoi ascoltatori e invita tutti noi oggi ad un cambio di prospettiva. “Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete?” (Lc 6,31,33). Non si tratta di avere cura soltanto di coloro che amiamo e che ci amano. Avere cura è inscritto nella struttura costitutiva dell’essere umano. Perciò l’incuria è sempre una situazione disumanizzante.
Don Orione per tutta la vita ha avuto cura; la sua stessa vita è stata una continua cura per chi lo avvicinava e per chi lo incontrava attraverso le sue opere di carità. Una cura in particolar modo rivolta agli ultimi, ai desamparados, proprio perché ultimi nella stima e nella considerazione sociale. Ma privi di tale considerazione sociale lo sono anche oggi tanti adolescenti, anziani e disabili che vivono nelle nostre scuole e nelle nostre Case di carità; nella miope visione prevalente nella nostra società essi infatti non hanno “apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi” (Is 53,2).
E invece, ieri come oggi, lo sguardo di Don Orione non è miope, vede in profondità, oltre l’apparenza. Vede che “nel più misero degli uomini brilla l’immagine di Dio”. Vede che la dignità di persona, ontologicamente, non è dipendente dalla ricchezza, dalle facoltà cognitive, dalla rispettabilità sociale o da altre qualità, e che proprio perciò la cura è necessaria, sempre. Essa infatti può portare speranza e vita laddove sembra ormai esserci posto solo per la disillusione e per la morte.
Per questo carissimi, noi siamo chiamati oggi ad avere lo sguardo, il cuore, la cura che Don Orione ci ha testimoniato. A ognuno di noi, nella nostra vita, è accaduto il dono di poter essere cura per un’altra persona, o di averla ricevuta; tale cura può cambiare la vita, può davvero trasformare la disperazione in conforto a volte insperato: “Ecco, io sto per fare una cosa nuova; essa sta per germogliare; non la riconoscerete? Sì, io aprirò una strada nel deserto, farò scorrere dei fiumi nella steppa” (Is 43,19). Le parole antiche ed eterne del profeta Isaia non disegnano un sogno. Esse dicono cosa accade quando liberamente un essere umano, nella cura, vive il proprio lavoro, le proprie giornate.
Don Aurelio Fusi [1]
[1] Don Aurelio Fusi è Direttore della Provincia Religiosa Italiana
L’importanza di saper cambiare
Uno dei temi chiave dell’antropologia culturale consiste nello studio dell’adattamento dell’uomo all’ambiente ed alla capacità di adeguarsi non solo alle situazioni statiche ma ancor più a quelle dinamiche, vale a dire ai cambiamenti.