Omelia di S.E. il Card. Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova
Sia lodato Gesù Cristo!
Un saluto cordiale e affettuoso pieno di gratitudine e stima a voi, carissimi confratelli, figli di Don Orione, della Divina Provvidenza, al padre Direttore, al padre Parroco e a tutti quanti voi della comunità che qui risiedete, risiedete come una luce che porta avanti e alimenta nel tempo la luce di Don Orione, un grande dono per la Chiesa universale e, lasciatemi dire, per noi genovesi, per Genova.
Vorrei sottolineare brevemente tre cose, per tutti quanti voi, per tutti quanti noi, anche per voi ragazzi quindi attenzione, gli occhi a me (erano presenti gli alunni della scuola elementare di piazza Solari, n.d.r.).
Oggi, diceva il padre Direttore, è la ricorrenza del giorno in cui Don Orione è stato canonizzato, è stato dichiarato santo. Che cosa vuol dire essere canonizzati, diventare santi? Vuol dire che la Chiesa, cioè tutto il popolo di Dio, riconosce in quella persona – in questo caso in Don Orione – che è un uomo felice, pienamente felice, per sempre: quella felicità che noi tutti desideriamo, dai più piccoli ai più grandi – non c’è età per desiderare di essere sereni, nella gioia, nella felicità profonda del cuore. Ebbene dichiarare uno “santo”, vuol dire: ecco quello è veramente una persona felice. Ma non soltanto perché adesso è in paradiso, nella comunione con l’abbraccio di Dio, ma anche sulla terra era un uomo felice. Allora quando guardiamo ai santi, in questo caso Don Luigi Orione, noi scopriamo di volta in volta la strada della gioia. La strada della gioia non è la strada della soddisfazione, del capriccio, del libero arbitrio di fare quello che voglio quando mi pare, non è questa la strada della felicità. Può soddisfare qualche comodo, qualche piccolo istinto momentaneo, qualche voglia personale, ma non è quello che soddisfa pienamente, che riempie la vita. La felicità è un’altra cosa, ed è quella che i santi hanno scoperto. Ora sono in Cielo, certo, nell’abbraccio e nell’amore di Dio, ma sulla terra loro si sono santificati perché hanno percorso questa via, la via della luce, la via del bene, la via del sacrificio per amore. Questa è la prima cosa che questa bella celebrazione, questa ricorrenza ci ricorda, non dobbiamo dimenticarla mai, anzi, abbiamo bisogno di ricordarla spesso, perché questa grande verità che è il segreto della gioia vera, il mondo ce la vuole far perdere, ce la vuole rubare, la vuole oscurare con delle illusioni. Questo vale per voi laici ma vale anche per noi preti: stiamo attenti, non distogliamo lo sguardo dai santi. E sono contento, mi fa piacere darne testimonianza qui, in pubblico, che i figli di Don Orione hanno per Don Orione – lasciatemi dire una cosa quasi scontata, ma che scontata non è – una particolarissima venerazione, anzi, un particolarissimo affetto. E questo, cari amici, non è scontato ovunque. Grazie cari orionini anche per questa testimonianza di particolare affezione, attaccamento, amore per il vostro santo Fondatore.
La seconda cosa è che celebriamo un grande compleanno. Quale è il compleanno? Di chi? L’ha detto prima all’inizio il padre, un compleanno di novecento anni… (una bambina dice: la cattedrale di Genova, n.d.r.). Brava, la cattedrale di Genova, ma anche oggi questa piccola chiesa, chissà com’era novecento anni fa, piccolissima, in un luogo aperto di campagna, di collina, non c’era nulla novecento anni fa qui attorno, era un luogo di solitudine, di preghiera, di raccoglimento, come ne esistevano tanti attorno a Genova – i monasteri di clausura, ad esempio, sulle colline del Righi – che poi piano piano la città ha abbracciato, così come qui. Cosa vuol dire la consacrazione di una chiesa? – la Cattedrale, certo, madre di tutte le chiese genovesi, ma anche di questa piccola significativa chiesa … Cosa vuol dire consacrare? Vuol dire che uno spazio, un luogo, questo luogo, è dedicato in modo particolarissimo a Dio. Che cosa vuol dire questo? Vuol dire che in questo luogo il Signore garantisce una sua particolare presenza, una sua particolare grazia. E allora noi possiamo pregare il Signore ovunque, per la strada, sui monti, al mare, nella nostra camera, nella nostra casa, ovunque, ma quando entriamo in un luogo consacrato a Dio, ebbene, lì c’è una presenza ed una azione tutta particolare, non dimentichiamolo. Anche per questo motivo noi, quando entriamo in chiesa sappiamo che non entriamo in chiesa come si entra in una sala da ballo, in uno stadio, no; è un luogo particolare, dedicato al Signore, dove il Signore ci vuole dare delle grazie particolari: in chiesa, non altrove. Ecco l’importanza, il significato di questo compleanno di novecento anni, che deve ravvivare in noi l’amore per la nostra Cattedrale certo, ma anche per questa chiesa e per ogni chiesa che è stata consacrata cioè dedicata al Signore, dove Lui lega in modo particolare la sua presenza e le sue grazie.
Terzo: guardo come sempre con affetto di padre ma anche con affetto di figlio a voi cari malati che qui siete accuditi, accolti, curati, accompagnati da tante persone che qui lavorano – ma il loro lavoro sappiamo che sa molto di missione, e così anche dei vostri sacerdoti. Ebbene voglio dire a voi e dire a me stesso e dirlo a questi ragazzi in modo particolare: guardate le persone che vi circondano. Sono sulle loro carrozzelle, non sono autonomi come voi, non possono correre da una parte all’altra … – lo hanno fatto un tempo, alla vostra età, ma la vita è una ruota che gira, sapete cosa vuol dire. Loro sono nati giovani come voi, sono cresciuti pieni di vita, pieni di brio, pieni di voglia di saltare, di giocare, di vivere, di andare, di scoprire… Ebbene, cari ragazzi, guardando queste persone più avanti negli anni, segnati dai limiti, che sono evidenti, degli anni e della malattia, sappiate che qui vi è il trionfo della vita. Oserei dire che il trionfo della vita non siete voi, sono loro. Perché laddove la vita è curata con amore, è attenzionata, è custodita comunque sia nei propri limiti, lì la vita trionfa. In voi trionfa la vita, si vede, certo, la vostra briosità, la vostra turbolenza, le vostre speranze, tutto quanto lo splendore…vedervi è una gioia, ma anche vedere loro, in un certo senso ancora di più, il trionfo è grande, perché costa di più. E allora cari ragazzi, quando vedete le persone anziane o le persone malate, in questo luogo o altrove, sappiate che lì la vita risplende nella sua pienezza. E non dimenticatelo. Non dimenticarlo farà bene anche a voi.