Per non concludere Il lavoro educativo: di inizio in inizio

Negli ultimi 10 anni si è andato affermando, a livello internazionale, un movimento per la qualità della presa in carico delle persone con disabilità, con un’enfasi sulla Qualità di Vita nei programmi e nei servizi per le persone con disabilità intellettiva (De Waele & Van Hove, 2005; De Waele, van Loon, Van Hove, & Schalock, 2005). Ciò ha generato un incremento nell’interesse per la Qualità di Vita nella ricerca, nelle politiche e nelle pratiche per chiarire l’applicazione di questo costrutto nei diversi contesti reali di vita.

In ragione di ciò, nelle nostre Case del Piccolo Cottolengo Genovese si sta sviluppando un modello di presa in carico denominato QdV – Qualità di Vita – che vede la persona disabile con disturbo del neurosviluppo, protagonista nella rete delle sue relazioni e del contesto fisico, sociale e culturale della comunità in cui nasce cresce e vive.

È possibile fare alcune considerazioni specifiche, come ad esempio quelle fatte da Schalock (1997) che si riferisce alla Qualità di Vita percepita come al grado di soddisfazione nelle principali aree della vita; ciò suggerisce che il miglioramento della Qualità di Vita sia correlato alla riduzione nella discrepanza tra le necessità della persona che sono soddisfatte e quelle che non lo sono. È inclusa sia la valutazione oggettiva che percepita, riferendosi alla qualità di vita come il grado in cui le persone riescono ad aumentare il controllo sul proprio ambiente (Brown, 1998).

Dal lavoro in sinergia con la nostra Direzione, il Coordinamento Educativo e la Direzione Sanitaria è nato un “Manuale di progettazione della Qualità di Vita per la persona con disabilità”[1] che unisce aspetti pratici e teorici sviluppati al fine di porre al centro la persona e favorire così il contributo dei vari professionisti al suo benessere e alla sua crescita. Vi proponiamo qui la pagina conclusiva del nostro Manuale.

[1] F.Floris, P.Fontana, D. Gandini, S. Risso, M. Sacchini, V. Russo. Un manuale sul Progetto di Vita.

Non mancherà mai lo spazio 
a chi corre verso il Signore.
[…] Chi ascende non si ferma mai,
va da inizio in inizio,
secondo inizi che non finiscono mai»[1].
San Gregorio di Nissa

La riflessione di questi ultimi anni circa la Qualità di Vita delle persone che sono affidate alla nostra cura ha aperto orizzonti nuovi perché tutte le professionalità coinvolte sono aiutate a vedere; bisogni e desideri riguardano sia l’essere fisico sia l’essere psico-emotivo e ci ricordano continuamente la misteriosa inscindibile unità di corpo e di anima che la persona umana è, dal concepimento fino alla morte. Il riconoscimento dei loro bisogni e dei loro desideri da parte degli operatori mette in moto il lavoro di progettazione e verifica della QdV, con la consapevolezza che progettare la vita di un’altra persona (non capace o non del tutto capace di farlo per sé) comporta una assoluta responsabilità.

Più alta è la capacità di “funzionamento” della persona disabile, meno si corre il rischio di proiettare su di lei una nostra idea di cosa in effetti desideri e di cosa sia bene per lei; ma per le persone parzialmente o totalmente incapaci di intendere e volere il compito dell’équipe e il conseguente metodo di lavoro diventano materia sensibile.

Le evidenze che gli strumenti di valutazione offrono (ad es. risulta che la persona disabile sia capace di fare x o y) infatti, dicono una serie di capacità. Ma le capacità non possono essere automaticamente tradotte in attività.

Tra il “che cosa sono capace di fare” e il “che cosa voglio fare” si spalanca la terra della capability, una terra-di-mezzo che si stende tra “cosa sarei capace di fare”, “cosa desidero fare” e “cosa è bene per me”: terra-di-mezzo che va camminata insieme, équipe e Ospite.

Il nostro obiettivo insomma, più che “progettare la qualità di vita” (ciò potrebbe essere un’astrazione), è quello di aiutare le persone affidate alla nostra cura a vivere una vita con la migliore qualità possibile: come posso aiutare la persona disabile a raggiungere quello che è il bene/il meglio per lei in quella determinata situazione, con quelle specifiche caratteristiche?

Non esiste in questo senso una ricetta riproducibile automaticamente per altre persone e altre situazioni e nemmeno per la persona stessa al passare del tempo, perché la persona cambia e cambiano interiormente le persone degli operatori. Solo nella dimensione di un simile percorso, nel quale identità e cambiamento convivono, è possibile il lavoro continuo della progettazione-verifica-riprogettazione del Progetto di Vita di ogni Ospite.

Buon cammino!

Davide Gandini

[1] Gregorio di Nissa, Omelie sul Cantico dei Cantici, V e VIII, Città Nuova, Roma 1988, pp.142 e 201