Prima domenica di Avvento: 29 novembre 2020
Siete svegli?
Il Vangelo di questa domenica, prima del nuovo anno liturgico e prima di Avvento, ci richiama con forza a vegliare. In tempo di coronavirus, altroché se stiamo svegli! Anzi, qualcuno ha perso del tutto il sonno…
Siamo al capitolo 13 del Vangelo di Marco, nostro compagno di viaggio per tutto l’anno; il Signore sta parlando della fine del mondo e del giorno in cui il Figlio dell’uomo tornerà sulle nubi, con grande potenza e gloria (cfr. 13,26). La data di quel giorno è sconosciuta; neppure Gesù la sa, ma solo il Padreterno. Per questo è necessario stare svegli e vegliare.
Avere fede significa innanzi tutto accorgersi di una duplice presenza: quella di Dio e quella del mondo. Accorgersi di Dio, ma non del Dio metafisico, non del Dio concettuale che abbiamo imparato al catechismo cinquanta e più anni fa; bensì del Padre di Gesù Cristo che è presente oggi nella comunità degli uomini e delle donne; una comunità, la nostra, molto diversa da quella di cinquant’anni fa, e non solo per il COVID19.
Proprio per il fatto che la società si è evoluta a velocità esponenziale, rispetto a quando siamo venuti al mondo, e non sempre in meglio, è necessario accorgersi del mondo; non del mondo in genere, men che meno del mondo virtuale, o di quello delle idee; bensì del mondo che quotidianamente incontriamo, del quale, volenti o nolenti, facciamo parte. Tutti abbiamo letto sui giornali di quel militare ritrovato, vecchissimo, in una foresta della Cambogia, mentre faceva la guardia a una polveriera, a trent’anni dalla conclusione della guerra, convinto che il conflitto non fosse ancora finito… Non è un caso isolato… Molti sono convinti che ciò che pensano del mondo sia il mondo reale… ma non è sempre così!
Un famoso frate Domenicano, p. Dominic Chenu, vissuto nella prima metà del secolo scorso, uno dei preparatori del Concilio Vaticano II, era solito dire che un vero Domenicano tiene sempre in mano la Bibbia e il quotidiano… Intuite certamente il senso di questa battuta, alla luce di quanto detto sopra. Non è solo questione di aggiornamento, o di curiosità da rotocalco… si tratta di mantenere presente la situazione in cui viviamo, incarnati fino in fondo nella vita del mondo, declinando la Parola Rivelata nella storia. L’esempio è sempre quello di Cristo, che il Padre inviò ad incarnarsi in un luogo e in un tempo precisi, in una storia.
Come hanno ripetutamente dichiarato i Padri della Chiesa, fin dai primi secoli dell’era cristiana, il Figlio di Dio divenne anche figlio dell’uomo e non disdegnò di vivere in prima persona la nostra condizione; affinché la sua vita diventasse un po’ anche la nostra.
Vi prego di non trascurare questa che potremmo chiamare contaminazione reciproca, a doppio senso di marcia, da noi al Verbo e dal Verbo a noi.
Quando parliamo del Tempo Santo, cioè del tempo scandito dalla fede, immediatamente pensiamo alle monache, ai monaci, i quali si riuniscono in coro a pregare nei diversi momenti della giornata, cosicché questa risulta scandita dall’orazione comune e personale.
È comunque vocazione di tutta la Chiesa e di ogni battezzato trasformare il tempo degli uomini in tempo di salvezza, accettando di vivere alla luce della fede le sfide di oggi.
“Fate in modo che, giungendo all’improvviso, (il Figlio di Dio) non vi trovi addormentati.”: fin troppo facile il richiamo alla parabola delle dieci vergini, 5 della quali, stanche di attendere lo sposo, si erano addormentate: e quando, all’improvviso, lo sposo arrivò, rimasero chiuse fuori.
C’è un aspetto che dobbiamo ancora considerare; e questo aspetto me lo ha fornito l’osservazione di un gruppo di “umarell” (termine dialettale bolognese), quei teneri nonnetti che tutti i giorni stazionano davanti ad un cantiere che sorge a poche centinaia di metri dal mio convento…
Ormai è diventata proverbiale, oggetto di molti aneddoti umoristici, una vera e propria sindrome, l’occupazione di molti pensionati che trascorrono intere giornate a guardare il lavoro di muratori, elettricisti, piastrellisti, vetrai,… esprimendo i loro giudizi critici, scuotendo il capo, dispensando consigli… tanto carucci, non trovate?
Leggendo pagine di Vangelo come quella di oggi, qualcuno potrebbe pensare che vegliare sia sinonimo di guardare il mondo dal di fuori… un po’ come gli umarell.
Guardare e giudicare. È un equivoco da chiarire immediatamente.
Il cristiano è uno che non rifiuta di rimboccarsi le maniche, e di sporcarsi le mani!
Vigilare non significa star senza fare nulla, aspettando che arrivi qualcun altro a risolverci i problemi!
Allora, coraggio, diamoci da fare! bisogna preparare la via al Messia che viene; domenica prossima, le Letture della liturgia – il libro di Isaia e il Vangelo di Marco – ce lo ripeteranno fino allo sfinimento…
Abbiamo a disposizione quattro settimane: le nostre strade hanno un bisogno estremo di manutenzione… L’incuria dell’uomo, il maltempo, le casse delle amministrazioni comunali sempre più leggere… e, da ultima l’emergenza COVIT, hanno fatto slittare i restauri del manto stradale agli ultimi posti della classifica delle urgenze pubbliche…
Non seguiamo l’esempio!
Meno di un mese e sarà Natale! arriviamoci con l’animo riconciliato; già questo è un dono, al quale rispondere offrendo disponibilità, iniziativa e lungimiranza. Non lasciamoci incatenare dal risentimento! La vita è troppo breve, per sprecarla, perdendo tempo e soldi a sporgere querele…
O sbaglio?
Fr. Massimo Rossi